Pasquale Tridico e Tito Boeri sono professori con idee molto diverse. Come presidenti dell’Inps però ad entrambi piace fare il «quasi ministro». Se Boeri si allargava fin troppo con Poletti, ora fa altrettanto Tridico con la ministra Catalfo. La conferma è venuta dall’audizione di ieri in commissione parlamentare sugli enti previdenziali, dove Tridico ha rilanciato la sua idea di fondo complementare pubblico e delineato come modificare il Reddito di cittadinanza.
Partendo dal dato inequivocabile del flop di Quota 100 – un tiraggio «molto inferiore a quello preventivato» che ha portato nel 2019 sono usciti in 150 mila (contro i 350mila stimati) divisi in 42 mila nel pubblico, 74 mila nel privato e 33 mila tra gli autonomi – Tridico ha assicurato che «il sistema è sostenibile», lanciando però un nuovo allarme sulla consistenza degli assegni che potranno avere in futuro precari e i giovani di oggi. Per ovviare al problema Tridico un fondo integrativo a capitalizzazione gestito dall’Inps stesso. Ma se nell’idea originaria questo strumento sarebbe servito per evitare che i fondi previdenziali investano in finanza e dirottarli a sostenere le aziende italiane, ora Tridico propone di utilizzarlo per aumentare le future pensioni, rispolverando le integrazioni al minimo, abolite con la riforma Fornero.
Insomma: i giovani avranno pensioni da fame? Aumentiamogliele un po’. Una proposta completamente diversa da quella di una «pensione di garanzia contributiva» lanciata da Michele Raitano che prevede come lo Stato riconosca «l’attività» a salti dovuta alla precarietà del lavoro, garantendo a giovani e precari un assegno dignitoso – 1.000 euro circa – con 40 anni di contribuzione discontinua, colmando i «buchi».
A rispondere a Tridico arriva subito la Cgil: «È un grosso abbaglio pensare che la risposta per giovani precari e donne possa essere un Fondo previdenziale integrativo pubblico a capitalizzazione», attacca il segretario confederale Roberto Ghiselli. «Chi ha un lavoro povero o precario non è nelle condizioni di versare contributi sufficienti per costruirsi una pensione pubblica, figuriamoci se avrà le disponibilità per un Fondo integrativo».
Sempre partendo dalle conseguenze di Quota 100, Tridico ha affrontato il capitolo Reddito di cittadinanza. Per il presidente dell’Inps «il deflusso qualcosa ha smosso pure sul mercato del lavoro con un impatto giudicato «lievemente positivo». Ancora di più potrebbe fare il Reddito di cittadinanza. Degli oltre 2,5 milioni di beneficiari – corrispondenti a un milione di famiglie – sarebbero 739mila gli «occupabili», coloro quindi che attraverso i patti per il lavoro potrebbero trovare posto. Ma la cautela è d’obbligo. Tridico tiene a precisare: «il Reddito di cittadinanza, e così il decreto dignità, non creano lavoro in senso letterale, ma lubrificano il mercato, consentendo l’incontro fra domanda e offerta come qualsiasi politica attiva, si tratta di uno strumento che migliora questo incrocio» perché, ha sottolineato, «il lavoro può essere creato solo con gli investimenti, mentre il reddito di cittadinanza aiuta ad allocare lavoro sul mercato». E le ormai proverbiali e mitiche «politiche attive» che dovrebbero risolvere tutto. Ma che non arrivano mai.