Alla fine di una seduta tutta fulmini e saette che doveva discutere del decreto legge sul Tribunale di Bari, con il Pd in rivolta che cita un articolo di Repubblica, scandisce «Onestà onestà» e chiede la presenza in Aula del ministro di Giustizia, con la bagarre scoppiata a metà giornata e finita in rissa fisica tra deputati della Lega e di Fratelli d’Italia, con il presidente Roberto Fico costretto a chiedere l’intervento dei commessi, a richiamare perfino il sottosegretario grillino Vittorio Ferraresi, e infine a sospendere i lavori, arriva alla Camera anche il Guardasigilli Alfonso Bonafede.

A quel punto al ministro non resta che ripetere quello che aveva già scritto su Facebook qualche ora prima (facendo inviperire ancora di più le opposizioni), e spiegare perché e per come il governo giallo-verde nulla sa di quanto riportato ieri dalle cronache locali e dal giornale di riferimento del Pd circa il trasferimento del Palazzo di giustizia di Bari, sgomberato nei mesi scorsi perché a rischio crolli, in un immobile che apparterrebbe a un imprenditore interrogato dai pm baresi per essere sospettato di aver prestato dei soldi ad organizzazioni criminali mafiose.

«Dalla documentazione presa in visione per l’assegnazione della gara per il nuovo immobile – ha ribadito Bonafede dopo essersi scusato per aver anticipato il suo intervento su Fb – non veniva rilevato nessun motivo ostativo. Ho dato mandato agli uffici di fare tutti gli approfondimenti necessari oltre a quelli già fatti e previsti da una legge peraltro approvata dal Pd». In ogni caso, ha precisato Bonafede, «tutto questo non ha nulla a che vedere con il provvedimento all’esame dell’Aula: il decreto legge punta semplicemente a togliere le tende sospendendo i termini processuali. Per poter riprendere dopo il 30 settembre le udienze a Bari. Nel decreto non si tratta il tema della individuazione dell’immobile». Un provvedimento che, va detto, non riesce ad avanzare nell’iter a causa dell’ostruzionismo serrato delle opposizioni.

In Aula, ieri mattina, era stato il Pd il primo a chiedere la sospensione del dibattito e la presenza del Guardasigilli. Il clima si era subito surriscaldato, erano partiti i cori, il sottosegretario Ferraresi aveva perfino vaneggiato di «conseguenze penali» per le accuse dei deputati, e a quel punto in un angolo è scattata la rissa.

Il motivo? Pare che alcuni leghisti abbiano accusato gli ex alleati di FdI di fare da «stampella» al M5S.

È la terza Repubblica, bellezza.