Nella solita provincia francese ricca di intrighi non solo polizieschi, è ambientato il film di Benoît Jacquot 3 coeurs (Tre cuori) osservato dal vigile sguardo di Catherine Deneuve che non è solo la madre delle due sorelle protagoniste (Charlotte Gainsbourg e Chiara Mastroianni) ma anche la musa ispiratrice del film.

Film di chiara impronta cinéphile, che sarà apprezzato da quanti conoscono abbastanza il cinema francese per poter fare tutti i collegamenti e pescare nella memoria scene e volti, procede in ogni caso senza attardarsi nella citazione che provoca di tanto in tanto dei sussulti di logica. Il filo del ricordo diventa portante rispetto alla progressione del racconto. Le sorelle si chiamano Sylvie e Sophie, due nomi più moderni di Delphine e Solange, le gemelle che danzavano e cantavano, demoiselles de Rochefort, nel film di Jacques Démy (intitolato da noi, chissà perché Josephine) sono lì a ricordare che anche quella trama era un po’ folle, con la kermesse, i marinai e i musicisti americani.

Ma soprattutto si evoca nel film di Jacquot la «sorella scomparsa», Françoise Dorléac (la vogliamo ricordare), la vera sorella di Catherine Deneuve, Calda amante per Truffaut, Teresa per Cul-de-sac di Polanski, scomparsa a 25 anni nel ’67.

Ma oggi sono tempi ben diversi dal ’67 addirittura ci si può permettere un protagonista ostico come un ispettore delle tasse, anche si trattasse di uno come Benoît Poelvoorde il grande attore comico belga che sa come mantenere l’equilibrio. Perde il treno di ritorno a Parigi e fuori dalla stazione, nella cittadina deserta, incontra una ragazza speciale (Gainsbourg) ma all’appuntamento successivo non si trovano (altro riferimento cinematografico, ai melodrammi degli anni ’40) e tempo dopo incontrerà senza saperlo la sorella (Mastroianni) con cui allaccia un rapporto che lo porta fino al matrimonio. Gainsbourg intanto è volata negli Usa (Dorléac morì in un incidente mentre andava all’aeroporto) con il suo fidanzato, non sa chi sia lo sposo, l’identità si svelerà troppo tardi e il trionfo dell’amore romatico farà soffrire tutti. La musica, la voce fuori campo narrante alimenta notazioni letterarie.

In un film italiano il protagonista si sarebbe barcamenato piacevolmente tra le due (chi ricorda Venga a prendere il caffé da noi? dove Tognazzi apprezzava ora l’una ora l’altra delle sorelle e di tre bruttine ne faceva una passabile), ma qui si tratta senza dubbio di omaggiare cinematograficamente la sorella scomparsa, di far apparire e scomparire il ricordo di Françoise Dorléac. Basta non cercare la logica, ma il telecomando, lo streaming. Altrimenti perché in tutto questo Benoît Jacquot metterebbe in scena anche il sindaco con i suoi problemi fiscali?

 

Ovvio, per citare Potiche (La bella statuina) di Ozon, un film del 2010 che a sua volta citava Démy con il suo gioco di parapluies (qui la Deneuve dava nuova vita all’azienda di ombrelli e giocherellava con il sindaco Depardieu). Il cinema francese omaggia se stesso e, di più, mette in mostra la nuova generazione sotto la benevolenza della regina Deneuve che infatti nel film si limita a pochi movimenti in soggiorno, vigile sulle cerimonie dei pranzi e delle cene, ben consapevole di quello che sta succedendo in casa, ma senza necessariamente dover dare giudizi. Spettatrice appagata dell’omaggio che le si sta rendendo.