Il ministro dell’economia Giovanni Tria è convinto e le critiche dell’Ufficio parlamentare di bilancio, di Bankitalia, della Corte dei Conti alla nota di aggiornamento del Def non hanno colto la scommessa sulla quale è costruita l’intera manovra del governo Lega-Cinque Stelle: nel 2019 ci sarà in Italia una crescita impetuosa del Prodotto Interno Lordo (Pil) dall’attuale stima dello 0,9% all’1,5%. Uno scenario in controtendenza rispetto all’andamento decrescente degli ultimi due anni e soprattutto nell’ultimo. La crescita, infatti, era prevista all’1,2% del Pil nel 2018 ma con ogni probabilità sarà inferiore. Ciononostante ieri Tria è tornato in parlamento, dopo il fuoco di fila di due giorni fa, e ha spiegato che il miracolo sarà possibile. E ha sostenuto che le valutazioni dell’ufficio parlamentare di bilancio, creato nel 2014 per attuare le regole del «Fiscal compact», sarebbero basate «su informazioni parziali sono «obsolete, alla luce delle ultime scelte di politica economica del governo» e ha chiesto rispetto del lavoro dei tecnici del ministero dell’economia perché «da anni fanno queste cose». Si rinnova il problema del governo «gialloverde»: il rapporto con i «tecnici». Stavolta il problema riguarderebbe le differenti valutazioni sul ruolo da attribuire ai «moltiplicatori» necessari per misurare il notevole salto del Pil annunciato dal governo, ma sul quale si moltiplicano i dubbi.

PER TRIA LO SCETTICISMO generalizzato che circonda la manovra è solo un’incomprensione tecnica sul ruolo dei «moltiplicatori» tradizionali «del modello Item, strutturalmente prudenziale, utilizzato da tutte le istituzioni economiche, i modelli non sono cambiati». Una motivazione difensiva sorprendente, considerate le ragioni esposte nelle 73 pagine del rapporto dell’ufficio parlamentare di bilancio, o quelle contenute nella relazione della Banca d’Italia.

I DUBBI RIGUARDANO, al momento dei contenuti ballerini del Def, i seguenti calcoli del ministero dell’Economia; i sei decimali – (0,5 nel 2020, 0,3 nel 2021) – che serviranno a raggiungere il magico 1,5% saranno ottenuti dalla spinta sul Pil provocata dalla coppia pentaleghista per eccellenza: il sussidio di povertà definito in maniera infondata «reddito di cittadinanza» e i tagli fiscali alle partite Iva fino ai 65 mila euro presentati con il nomignolo di «flat tax»: da qui arriverebbe un rimbalzo dello 0,34%. Quelli che sono stati definiti apporti «modesti» alla crescita, e che hanno fatto incendiare Di Maio e Salvini, sarebbero gli effetti provocati dagli «investimenti» di cui tanto si parla in queste ore. Da quelli pubblici arriverebbero un paio di decimali di Pil; da quelli privati, lo 0,07%. L’ammontare complessivo sarebbe di 15 miliardi di euro. E poi ci saranno i tagli alla spesa pubblica nel triennio 2019-2021: 6,9 miliardi.

PROSPETTIVA, quest’ultima, che ieri ha causato maretta tra i Cinque Stelle, soprattutto sui 500 milioni da tagliare alla Difesa. Porteranno alla sospensione degli acquisti di elicotteri NH90, i missili Camm Er e il cosiddetto «Pentagono italiano» nel parco archeologico di Centocelle a Roma. Ai ministeri a guida grillinasarebbe arrivata la richiesta di un taglio di un miliardo – spalmato su tutti i dicasteri – per reperire le risorse necessarie. Le altre risorse per una manovra di 37 miliardi, di cui 22 in deficit, arriverebbero dalle «una tantum» dei condoni fiscali: 8,1 miliardi, inclusa la rottamazione-ter. Queste cifre sono state contestate dall’ufficio parlamentare di bilancio. Tria, ieri, le ha confermate. Tutto questo comporterà l’aumento dell’indebitamento pubblico di circa 22 miliardi di euro nel 2019, ha confermato Tria.

LA PARTITA RIGUARDA anche i 15 miliardi di investimenti sul triennio, 30 dal 2022 al 2033, che dovrebbero aggiungersi ai 33 già disponibili, e non spesi. Ieri è stato il giorno del raduno delle aziende controllate e partecipate del Tesoro a Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio Conte (dirigerà una «cabina di regia») le ha ricevute, annunciando che la metà dei 15 miliardi promessi dovranno arrivare da loro. Per renderlo possibile sono state annunciate riforme epocali: la «semplificazione» del codice appalti e burocratica, la «riforma» del codice civile del 1942, un fisco sempre più «amico delle imprese», un’agenzia «indipendente» per la spesa dei fondi disponibili. Tutto questo dovrebbe far lievitare il Pil di 0,4-0,6 punti percentuali, secondo altre stime addirittura di un punto. Alla fine dell’anno prossimo, iniziato il processo di pensionamento denominato «quota 100» le partecipate dovrebbero anche assumere.

SULLA «FLAT TAX» è ancora caos. In una giornata tesissima Tria ha rischiato di fare un incidente frontale con il vicepremier ministro dell’Interno Salvini sulla «flat tax». Al mattino Tria ha spiegato che gli interventi previsti avranno un costo nel primo anno di soli 600 milioni, per poi salire a 1,8 miliardi nel 2020 e a 2,3 miliardi (rpt miliardi) nel 2021: in totale 4,7 miliardi in tre anni. Salvini ha subito dettato che sul taglio delle tasse le risorse a disposizione sarebbero 1,7 miliardi. In questo stormire di numeri alla fine i due sembrano avere trovato un accordo, non proprio chiarissimo. Una nota congiunta ha parlato successivamente di un miliardo e sette di media a regime.

IL NUOVO DEF arriverà stamattina al Senato alle 9,30. La corsa è contro il tempo: lunedì sera 15 ottobre va inviato ai custodi dei conti di Bruxelles il «Draft Budgetary Plan», il piano dettagliato del bilancio