Tria fa melina: reddito di cittadinanza e flat tax a costo zero
Manovra Il ministro in commissione al Senato conferma il calo delle stime sul Pil e parla di riforme «compatibili con gli spazi finanziari»
Manovra Il ministro in commissione al Senato conferma il calo delle stime sul Pil e parla di riforme «compatibili con gli spazi finanziari»
C’è una parola maledetta che trasforma puntualmente i sogni di riforme in velleità e costringe a ridimensionare ogni promessa. È la parola «compatibilità» e il ministro dell’Economia Tria la ha usata ieri nel corso dell’audizione di fronte alla commissione Finanze del Senato. Reddito di cittadinanza e Flat Tax arriveranno, però «compatibilmente con gli spazi finanziari». La tassa a due aliquote sarà introdotta ma seguendo «un cronoprogramma che deve riguardare le possibilità tecniche e anche l’impatto sul bilancio pubblico». Il reddito non avrà costi addizionali, dal momento che «si tratterà di trasformare strumenti di protezione sociale già esistenti in altri strumenti». Più o meno un gioco delle tre carte con l’attuale Rei, e se ci fosse un costo differenziale «si vedrà come introdurlo gradualmente».
SE NON È PROPRIO una campana a morto per i progetti della maggioranza, è di certo almeno l’annuncio di una marcia prudentissima. Il reddito non andrà molto oltre una riallocazione delle risorse già investite. Per la Flat Tax ci vorranno tempi biblici: tanto che Tria non va oltre l’annuncio dell’avvio di una task force che dovrebbe lavorare per armonizzare la Flat Tax con il principio costituzionale della progressività. Un lavoretto che al confronto quadrare cerchi è un gioco da bambini. «Un espediente per rimandare», commenta drastica per Fi Mara Carfagna ed è molto difficile darle torto.
IL GUAIO, SPIATTELLA PAPALE il ministro, è che il barometro non promette un anno pieno di sole per il 2019. Al contrario: «Gli istituti internazionali indicano un rallentamento nei principali Paesi europei che avrà un impatto sull’economia italiana per le forti interdipendenze». L’«impatto» è certo. Quantificarlo, anche se la Ue ha già abbassato le previsioni di crescita per l’anno prossimo, è più difficile. Molto dipenderà infatti dall’esito della guerra dei dazi scatenata da Trump. Il colpo all’export di automobili tedesche infatti si rifletterà su quello italiano, dal momento che una parte non trascurabile dell’indotto legato all’industria tedesca dell’auto è italiano.Con queste prospettive non è il caso di mettere mano a progetti faraonici. In realtà Tria calibra le parole valutando l’effetto che faranno a Bruxelles. Perché con conti del genere va da sé che l’Italia dovrà chiedere nuova flessibilità. In realtà, con la dovuta discrezione, lo sta già facendo ma la risposta, ha già chiarito il vicepresidente della Commissione europea Dombrovskis, non arriverà prima di ottobre.
ECOFIN HA DA POCHI GIORNI confermato la richiesta di una correzione ulteriore dello 0,6%, pari a 10 mld, per il prossimo anno. Tria spera che quei decimali vengano rivisti al ribasso. Ma il problema non è solo il 2019. La manovra non si configura affatto facile. Sterilizzare le clausole di salvaguardia evitando l’aumento dell’Iva costerà 18,5 mld. Le spese indifferibile incideranno per non meno di 2 mld e potrebbero arrivare a tre. La correzione chiesta dalla Commissione e vidimata da Ecofin è la metà di quella per il 2019 ma si tratta comune dello 0,3%, pari a 5 mld.
TUTTO AL NETTO DI EVENTUALI spese per il reddito di cittadinanza, la Flat Tax o per l’intervento sulla Fornero, sul quale ieri il ministro ha glissato ma che in realtà è al primo posto nell’agenda di Salvini. Per il governo significa esordire con una manovra tanto difficile quanto probabilmente dolorosa, e anche in questo caso chiedere una dilazione a Bruxelles è inevitabile. Dombrovskis ha però già fatto sapere che una risposta arriverà solo quando tutti i Paesi europei presenteranno le loro previsioni di bilancio a ottobre, dunque quando la commissione potrà verificare se le misure sulle quali è stato posto il veto saranno state inserite nella finanziaria. Va da sé che la risposta sulla flessibilità dipenderà soprattutto da questo.
IL GOVERNO NON HA rinunciato al progetto di finanziare parte della riforma delle tasse con la «pace fiscale», che però, garantisce Tria, «non significa varare nuovi condoni ma pensare a un fisco amico del contribuente». Se anche dovesse funzionare prima che l’«amicizia» si tramuti in gettito da devolvere a sostegno della Flat Tax passerà parecchio tempo. Ben oltre l’autunno.
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