Il piano è lo stesso di Renzi e Gentiloni. Allargando semplicemente i margini. Per trovare i soldi per una manovra che già oggi oltrepassa abbondantemente i 20 miliardi abbozzando semplicemente Flat tax e reddito di cittadinanza, il governo giallo-verde punta a chiedere più flessibilità a Bruxelles.
Il tentativo è portare il rapporto tra deficit e pil, che dovrebbe fermarsi allo 0,9% quest’anno, fino all’1,6% o addirittura all’1,8%: ciò libererebbe risorse aggiuntive per ben 15 miliardi).
Ma il Pil – è ormai certo – andrà rivisto al ribasso, probabilmente sotto l’1,2%. Al netto degli effetti a consuntivo della crescita ridotta, significherebbe uno sconto vicino agli 11 miliardi rispetto al deficit da 0,4% scritto nei programmi.
La gran parte delle risorse andrà impegnata per sterilizzare l’aumento dell’Iva. La coperta è corta. Il ministero dell’economia lavora all’ipotesi di rivedere alcune aliquote Iva, così come alla trasformazione – nell’ambito della riforma Irpef – del bonus 80 euro in riduzione fiscale. Ma M5s e Lega non vogliono che passi l’idea che si alzano tasse per coprire le loro misure. Il premier Giuseppe Conte, che con Tria si è impegnato a tenere dritta la barra dei conti, trascorre la giornata al lavoro a Palazzo Chigi, prima della pausa ferragostana.
Per «blindare» gli impegni, avanza l’ipotesi di accompagnare al Def un programma di legislatura in cui inserire le misure che non si potranno avviare subito e dar loro corpo nella manovra triennale.
Da Bruxelles per ora, ufficialmente, la Commissione Ue non si scompone di fronte alle diverse ipotesi di intervento sui conti pubblici che circolano in questi giorni a Roma. Inclusa quella di far salire il deficit per trovare spazio a flat tax e reddito di cittadinanza. Ma l’attesa per l’aggiornamento della nota del Def a fine settembre, e della nuova legge di Bilancio a metà ottobre, quest’anno è più alta che mai. Perché dopo un avvio di confronto considerato buono e costruttivo, con il ministro Giovanni Tria che a giugno aveva rassicurato l’Europa sul rispetto degli impegni, il clima sta cambiando. Già dal secondo appuntamento a Bruxelles, a luglio, Tria aveva comunicato ai commissari Ue Dombrovskis e Moscovici che l’aggiustamento dei conti richiesto rischia di avere effetti negativi sulla crescita già compromessa dal rallentamento generale. All’annuncio di Tria di non fare sforzi troppo forti, l’Ecofin aveva lasciato intatte le richieste all’Italia nelle raccomandazioni di maggio della Commissione. Una correzione del deficit strutturale di 0,3% per quest’anno e di 0,6% per il prossimo.
Prima occasione per il faccia a faccia sarà l’Ecofin informale di Vienna, il 7 e 8 settembre. Bruxelles, che finora ha sempre concesso all’Italia tutta la flessibilità richiesta anche quando le clausole ufficiali erano terminate. Ma stavolta si tratterebbe di uno scostamento molto maggiore.