Treviso non è più la capitale di Legaland: lo «sceriffo» Giancarlo Gentilini è stato clamorosamente detronizzato. Si chiude un’epoca, tramonta il sogno padano-federalista, torna a casa il padre-padrone del Carroccio di Marca.
Ha vinto Giovanni Manildo, il giovane avvocato con la faccia da boy scout. Anzi, ha trionfato l’alternativa che va ben al di là del perimetro politico del centrosinistra. Una vera e propria liberazione con festa di popolo in piazza.

A urne chiuse, i verbali delle 77 sezioni elettorali restituiscono il 55,6% dei voti a favore di Treviso Bene Comune contro 44,3% della coalizione di Gentilini. «Una giornata storica: da oggi la città si colora non solo di verde» sintetizza il neosindaco, mentre varca la soglia di Ca’ Susegana con i sostenitori. Finisce così l’era padana durata 18 anni e si apre il processo alla fallimentare linea di Maroni&Tosi.

Lo «sceriffo» ammette per primo la sconfitta, rabbiosamente. Scarica le responsabilità del default. Al primo turno aveva accusato i notabili del Pdl di aver portato alla coalizione solo il 5% e ieri Gentilini ha indicato negli astensionisti i veri colpevoli: «La verità è che alla gente non interessa più il destino di Treviso. Si sono abituati troppo bene e ora si accontenteranno di cosa farà la sinistra. Io adesso, però, non c’entro più nulla. Sparirò». Di più, Genty, 84 anni e due mandati in municipio (più un terzo da vice), suona il requiem per la Lega in versione bossiana o maronita: «E’ finita».

Inzia, al contrario, il «new deal» democratico nell’ex roccaforte padana, con il doverso «pensiero a tutti quelli che hanno sostenuto il centrosinistra» di Manildo e la volontà di intraprendere un percorso diametralmente opposto.Corrisponde alla richiesta dell’ex deputata leghista Paola Goisis che mette sul banco degli imputati i segretari Flavio Tosi e Roberto Maroni che hanno allontanato Bossi, insieme agli elettori. «Così in Veneto abbiamo perso tutti i ballottaggi. L’unico Comune vinto dal centrodestra è Villafranca dove la Lega era stata esclusa. Tosi aveva detto di aspettare i risultati prima di parlare di debacle. Aveva ragione, è un disastro. Se avesse dignità, detterebbe alle agenzie cinque semplici parole: prendo atto e mi dimetto» precisa l’ex parlamentare. Ma i veri numeri che spaventano (anche a sinistra) sono i dati dell’affluenza: il partito dell’astensione cresce esponenzialmente 58,6% i votanti alle 22 di ieri, 4 punti in meno del primo turno e anni luce di distanza dal 79.4% delle Amministrative 2008 vinte al primo turno da Giampaolo Gobbo. Non sono bastati gli appelli solidali di Manildo, le visite di Gentilini nei quartieri né la benedizione bipartisan dell’Associazione nazionale alpini che qui conta non poco.

Trend da catastrofe, come negli altri ballottaggi del Veneto che restituiscono soprattutto la netta vittoria del centrosinistra nel Veneziano. A San Donà di Piave (feudo della presidente leghista della Provincia Francesca Zaccariotto) il veterinario Andrea Cereser (Pd) lascia al palo l’avversario Giansilvio Contarin (Pdl). La sfida finisce 69% contro 32%, proprio come a Martellago dove il nuovo sindaco democrat Monica Barbiero stacca di 20 punti il grillino Antonio Santoliquido. Anche qui, però, vince chi non vota: nei due Comuni ha ritirato la scheda appena il 55,49%.

A Piove di Sacco (Padova) il risultato premia di stretta misura il candidato del centrosinistra: l’avvocato-cantante Davide Gianella si impone sul leghista Andrea Recaldin (51,7% contro 48,3%) e mette fine alla parentesi di centrodestra.
In provincia di Verona si sono giocate le altre partite-chiave. A Villafranca il sindaco uscente Mario Faccioli (Pdl) tiene il municipio con il 52,8% dei consensi, mentre Paolo Martari (Pd e due civiche) non supera il 47,1%. Il turn over si realizza a Bussolengo: Maria Paola Boscaini sfonda il 51,4% con Massimo Girelli (Lega e Pdl) bloccato a quota 48,5%. Anche qui si chiude l’epoca leghista: nel 2008 il Carroccio aveva vinto al primo turno portando a casa il 55,5% dei consensi.