Tocca al ministro della Salute Roberto Speranza (Leu) innescare la marcia indietro del governo e sconfessare, appena una manciata di ore dopo, la sua collega dem Paola De Micheli, piacentina alla guida del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che venerdì sera aveva confermato la deroga in determinati casi «al distanziamento interpersonale di un metro, a bordo dei treni a lunga percorrenza», contenuta nel Dpcm del 14 luglio scorso. Ieri mattina, infatti, mentre nelle grandi stazioni ferroviarie italiane, Roma e Milano in particolare, si assisteva al solito (e inquietante) assalto estivo ai convogli di Trenitalia e Italo tornati rapidamente alla segnaletica pre-Covid, da più parti si levavano voci d’allarme.

A cominciare dal Comitato tecnico scientifico, nato per supportare il governo in decisioni delicate come queste e che invece denuncia di non essere «mai stato investito del problema». Ma è evidente che nell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte non si è ancora trovata una sintesi (perfetta) tra i prudenti dall’approccio scientifico e gli “easygoing” al seguito del Pil.

COSÌ SPERANZA, cui spetterebbe l’ultima parola nelle questioni della pandemia ma retrocesso momentaneamente alla penultima, si è rimesso al comando: «È giusto che sui treni restino in vigore le regole di sicurezza applicate finora. Non possiamo permetterci di abbassare il livello di attenzione e cautela. Per questo – ha scritto ieri il ministro in un post su Facebook – ho firmato una nuova ordinanza che ribadisce che in tutti i luoghi chiusi aperti al pubblico, compresi i mezzi di trasporto, è e resta obbligatorio sia il distanziamento di almeno un metro che l’obbligo delle mascherine. Questi sono i due principi essenziali che, assieme al lavaggio frequente delle mani, dobbiamo conservare nella fase di convivenza con il virus».

SECONDO IL MIT, invece, che nel confermare le «modifiche all’organizzazione del trasporto ferroviario a lunga percorrenza» ha precisato di allinearsi così alle «deroghe previste per il trasporto aereo vigenti secondo il Dpcm di giugno», la distanza interpersonale di un metro poteva considerarsi superflua a patto di una serie di controlli sui passeggeri e di verifiche sul sistema di areazione e altri dettagli. Deroghe soprattutto «subordinate alla presentazione di un idoneo piano organizzativo presentato da parte dei gestori». Che sarebbe arrivato ex post, evidentemente.

LA FASE 3 DUNQUE sarebbe stata avviata solo per l’Alta velocità e per certe tratte ferroviarie, quali alcuni regionali della Lombardia. Ma, come faceva notare ieri mattina il regista Alessio Cremonini («Sulla mia pelle»), «perché in un treno Frecciarossa si potrà viaggiare senza più distanziamento e in un cinema questa regola è ancora valida? Come mai? Perché tre ore e mezza in un vagone di un Roma-Milano sono meno pericolose di due ore passate in una sala cinematografica o in un teatro?».

Mentre l’assessore dalla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, preoccupato perché «Roma è la principale destinazione dei treni ad alta velocità del Paese», spiegava che «mentre aumentano i contagi e le regioni con valore Rt superiore a 1, così si dà un messaggio sbagliato». Proteste si sono levate anche dal sindacato di polizia Siap secondo il quale «l’incomprensibile scelta favorirà l’insorgere di problemi al turbamento della sicurezza e dell’ordine pubblico sull’intera rete ferroviaria del Paese».

MA A CONVINCERE Conte della necessità di tornare indietro sulla decisione e lasciare la parola al ministro Speranza è stata la posizione del Comitato tecnico scientifico: «Non siamo mai stati investiti del problema, e non posso non dire che questa decisione desta preoccupazione e perplessità, in un momento in cui i nuovi casi di Covid-19 stanno crescendo – ha spiegato Franco Locatelli che nel Cts ci sta come presidente del Consiglio superiore di sanità – C’è il rischio concreto che i viaggi in treno possano contribuire alla ripresa dell’andamento epidemico». Anche perché, ha aggiunto, «numerosi studi, fra i quali uno recente dell’Università di Southampton, hanno esaminato le possibilità di contrarre Covid-19 in una carrozza ferroviaria con a bordo una persona infetta».

MA IERI SERA, dopo la decisione di Speranza, la ministra De Micheli ha tenuto a precisare di non aver mai «reintrodotto il riempimento al 100%» dei convogli. E a questo punto, «dopo un confronto con il ministro Speranza e valutata la curva dei contagi, si è concordata una decisione prudente sulle capienze dei treni ad Alta Velocità per non correre inutili rischi». Il Mit ha chiesto anche al Cts «di rivalutare complessivamente tutte le linee guida per il trasporto pubblico già allegate al Dpcm del 14 luglio e di fornire un parere sulle nuove linee per il trasporto scolastico».