I treni a lunga percorrenza non ci sono quasi più , mentre l’ennesima denuncia del sindacato OrSa segnala il possibile definitivo abbandono del servizio di traghettamento veloce fra le due sponde dello stretto da parte di Rfi entro fine 2015. In questo quadro di crisi del trasporto pubblico in un’area del Sud che lamenta un sottosviluppo strutturale, la notizia di un grande investimento in un’infrastruttura portuale è una buona notizia.

Si tratta di un’opera che, nei piani dell’Amministrazione comunale di Renato Accorinti, dovrebbe risolvere in via definitiva il vecchio problema dell’attraversamento del centro urbano da parte dei mezzi pesanti. E anche rilanciare la vocazione marinara di Messina e la sua funzione di snodo della rete sempre più fitta delle autostrade del mare.

«Un porto commerciale da sei invasature», spiega l’assessore alle politiche del mare della giunta peloritana, Sebastiano Pino, un passato da sindacalista e comandante delle navi traghetto FS, «due in più delle attuali due dedicate all’attraversamento dello stretto e altre due per le navi Ro-Ro, le autostrade del mare short range. Un investimento da ottanta milioni di euro circa che consentirà di spostare nella zona sud della città, fuori dal centro abitato, l’intero traffico di mezzi pesanti che attualmente interessa la città». «A quest’opera – prosegue Pino – si aggiungerà una piattaforma logistica che abbiamo pensato di collocare nelle vicinanze dell’area portuale e che sarà collegata ai piazzali di imbarco in modo da non interferire con il traffico urbano».

Il sogno è quello di riuscire ad eliminare definitivamente gli autotreni dalle vie del centro ma anche quello di guadagnare terreno nel settore delle nuove rotte marittime e portare ossigeno all’economia del territorio.

Dei cantieri di un secondo porto a Messina in realtà si parla dai primi anni 2000, quando l’intera città si ribellò allo stillicidio di incidenti causati dall’intenso traffico di tir che avevano trasformato il centro urbano in una trincea con morti e feriti quasi quotidiani. Il flusso di veicoli – intorno al milione di mezzi l’anno, oggi ridotti dalla crisi a circa 700.000 (dati dell’autorità portuale) – rappresenta un enorme giro d’affari per un ristrettissimo numero di società private di traghettamento perlopiù facenti capo al gruppo Caronte & Tourist della famiglia Franza e costituisce una delle principali voci di un’economia locale per altri versi asfittica e legata ai trasferimenti di denaro pubblico. Il movimento che quindici anni fa provò a mettere in discussione questo stato di cose fu ben presto “distratto” dalla vicenda del Ponte sullo stretto, promesso dalle classi dirigenti di ogni colore come panacea di tutti i mali, ma qualcosa la ottenne comunque.

Si trattò allora di due invasature d’emergenza, realizzate con i poteri e i finanziamenti speciali reperiti per dare una risposta immediata alle mobilitazioni popolari anti tir. Tuttavia molte cose sono andate storte. Il progetto, giudicato largamente inadeguato fin dalle origini da diversi esperti del settore, ha mostrato la corda già il giorno dopo l’inaugurazione dell’opera. Le due invasature non hanno retto alle ondate di scirocco , ordinaria amministrazione a Messina, e già a partire degli anni seguenti alla loro apertura , nel 2006, è stato necessario investire ingenti somme per la manutenzione ordinaria ma soprattutto per i lavori di riparazione dei moli e di dragaggio dei fondali costantemente insabbiati dalle mareggiate.

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Il risultato è stato finora un immenso spreco di danaro pubblico e l’impossibilità di utilizzare le due invasature se non per brevi periodi dell’anno. C’è da chiedersi allora perché un’amministrazione eletta nel 2013 nel segno della piena discontinuità col passato abbia deciso di credere nella trasformazione di questa struttura in un porto vero e proprio.

«Nella lunga vicenda degli approdi d’emergenza il comune di Messina è parte lesa – dice l’assessore Pino -. Ancora nel febbraio di quest’anno in seguito ai danni dell’ultima mareggiata siamo stati tirati in ballo a mio giudizio ingiustamente, ma i nostri solleciti all’Autorità Portuale hanno ottenuto l’effetto sperato. Si è proceduto all’ennesimo dragaggio dei fondali e i moli sono stati rimessi in opera, ma è del tutto evidente che non si può continuare in questo modo». Gli studi preliminari del progetto del nuovo porto sono stati perciò affidati a una società leader del settore, la Danish Hydraulic Institute, che ha realizzato un corposo studio sulle correnti marine dello stretto di Messina e sulle dinamiche relative allo spostamento dei sedimenti e all’erosione costiera. La stessa società vincitrice dell’appalto – la Nuova Coedmar di Chioggia ( Ve) – risulta essere un’azienda fra le più qualificate per le infrastrutture marittime.

L’iter progettuale che il nuovo porto ha seguito, del resto, è quello ordinario. Un dato su cui dall’amministrazione peloritana non mancano di insistere. «La selezione che ha portato all’assegnazione alla Coedmar – precisa l assessore alle infrastrutture Sergio De Cola – è stata fatta con la procedura dell’appalto-concorso. Sia il progetto presentato dalla prima società aggiudicataria quanto quello della Coedmar hanno avuto il parere positivo dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici». Anche la Valutazione di Impatto Ambientale e la Valutazione Ambientale Strategica si sono concluse positivamente. Un dato che non ha convinto però alcuni ambientalisti. Man, Wwf e Italia Nostra (non Legambiente) hanno infatti scritto ai ministri delle infrastrutture Del Rio e dell’Ambiente Galletti ribadendo le critiche sull’ubicazione del manufatto già espresse e in larghissima parte respinte in sede di Via e Vas.

Un’altra obiezione importante che viene fatta rispetto all’opera riguarda la concessione dei poteri speciali. Da più parti si solleva il dubbio che le procedure emergenziali permettano infiltrazioni criminali e non consentano il severo controllo di ogni parte dell’iter di realizzazione delle opere pubbliche.

«Ma noi stiamo chiedendo un potere speciale tutto sommato limitato – si difendono L’assessore de Cola e il sindaco Accorinti -: gran parte dell’iter si è svolto seguendo le normali procedure e non è stata mai intenzione del Comune bypassarle. Ci stiamo muovendo invece per accelerare lo step finale e fare in modo che il porto possa essere cantierato a fine 2015 in modo da non perdere nemmeno una tranche dei finanziamenti previsti per la sua realizzazione».

Intanto prima della pausa estiva è stato confermato il passaggio all’autorità portuale delle aree che saranno interessate dai cantieri. Ora è corsa contro il tempo per far sì che l’alternativa sostenibile al Ponte prenda finalmente vita.