Un trentenne francese già noto all’intelligence, i passaporti di un rifugiato siriano e di un egiziano, tre cittadini belgi, forse una donna disarmata. E il giallo di un montenegrino cinquantunenne fermato una settimana fa in Baviera, diretto a Parigi con il bagagliaio pieno di armi, probabilmente un trafficante. A 24 ore di distanza dagli attentati che hanno sconvolto la Francia e l’Europa, comincia a diradarsi la fitta nebbia sull’identità del commando che ha seminato il panico nella notte parigina. Segno della sorpresa per l’azione dei terroristi, nonostante un rapporto dei servizi segreti d’oltralpe il 26 ottobre scorso avesse segnalato il rischio di attacchi incrociati in Belgio, Francia o Germania, e della gran confusione che ha regnato a Parigi ancora nella giornata di ieri.
Pian piano, cominciano a emergere i profili dei componenti del commando che ha seminato il panico nella notte parigina, anche se non è ancora chiaro il numero esatto dei partecipanti all’azione. Sette gli attentatori morti, tutti suicidi tranne uno ucciso dalle forze speciali per liberare gli ostaggi del Bataclan. Accanto a due di questi sarebbero stati trovati due passaporti: il primo di un rifugiato siriano sbarcato a Lesbo il 3 ottobre, stando a quanto affermato dal viceministro dell’Interno greco Nikolaos Toskas, e il secondo di un egiziano. Inoltre, alcuni testimoni hanno raccontato che all’interno dello storico locale parigino ci sarebbe stata pure una donna. I tre attentatori del Bataclan sarebbero invece arrivati da Molenbeek, Bruxelles: a lasciarlo presumere sono i biglietti per il parcheggio trovati nell’auto, una Polo con targa belga, parcheggiata davanti alla sala concerti. L’auto era stata noleggiata da un francese residente in Belgio che ieri mattina è stato arrestato, alla guida di un’altra auto, alla frontiera franco-belga insieme ad altri due belgi: tutti e tre sarebbero sconosciuti alle forze dell’ordine.

Ieri sera nel quartiere “arabo” di Bruxelles ci sono state delle perquisizioni e «più di cinque arresti», come ha fatto sapere il ministero della Giustizia, mentre la procura della capitale belga ha a sua volta aperto un’inchiesta. Il premier Charles Michels ha fatto sapere che almeno uno degli arrestati era a Parigi il giorno prima.

Ma l’unico attentatore finora identificato con certezza è un trentenne residente nella banlieue di Courcouronnes, Ismael M., di nazionalità francese, già schedato negli archivi dei servizi di informazione francesi. All’uomo erano state inflitte otto condanne minori tra il 2004 e 2010, tutte per reati comuni, e per nessuna aveva scontato pene detentive. Su di lui era stata aperta nel 2010 una “fiche S” (una schedatura dei servizi) per radicalizzazione, ha detto il procuratore, spiegando che comunque non era mai stato coinvolto in inchieste sul terrorismo. Sarebbe uno dei componenti del commando del Bataclan.

C’è infine la storia dell’uomo fermato la scorsa settimana sull’autostrada fra Monaco e Salisburgo. Proveniva dal Montenegro, era diretto a Parigi e aveva nel bagagliaio dell’auto kalashnikov, bombe a mano e altro esplosivo. Potrebbe essere vicino al gruppo degli attentatori.

Il procuratore di Parigi, Franocois Molins, che coordina le indagini, ha parlato ieri sera di «tre squadre di terroristi coordinate». Finora sono state trovate due auto: oltre alla Polo del gruppo del Bataclan, c’è pure una Seat nera. Gli inquirenti starebbero battendo la «pista siriana»: un gruppo addestratosi nella guerra per il califfato e pronto ad applicare in Europa le strategie militare apprese in Medio Oriente. È dall’attentato alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato Hypercacher di gennaio che la Francia si trova a fare i conti con i cosiddetti “foreign fighters”, giovani arabi nati in Europa e arruolati dall’Isis. Aveva fatto scalpore, nei mesi scorsi, la storia dei venti jihadisti di Lunel, un paesino vicino Montpellier, morti in Siria, tra i quali persino un giovane di famiglia ebraica. In una situazione analoga si trova pure il Belgio, che si è trovato a dover fare i conti con l’attentato al museo ebraico di Bruxelles (4 morti, ad opera di un attentatore di origini maghrebine proveniente da Roubaix, la città più povera della Francia) e con il blitz della polizia nel paesino di Verviers, dov’è stata smantellata una cellula jihadista (con due morti).

Mentre la Germania prova a puntare sulla prevenzione: ad Amburgo ha aperto, finanziato dal Comune con 300 mila euro all’anno, un centro di consulenza per le famiglie degli aspiranti jihadisti.