Tanto tuonò che non piovve. L’annunciata ripresa dei lavori parlamentari per ridurre la libertà di sciopero dei sindacati di base – nei trasporti, e non solo – a partire dalle proposte di Pietro Ichino e di Maurizio Sacconi era prevista ieri nelle commissioni Affari Costituzionali e Lavoro del Senato. Come lo Ius soli, anche l’analisi del delicatissimo Ddl è stato rimandato a settembre. Non perché le forze politiche di maggioranza non siano d’accordo ad attaccare i sindacati di base, senza affrontare seriamente le ragioni di fondo che portano i lavoratori a partecipare ai loro scioperi, ma perché si rischia di intaccare il diritto soggettivo dei lavoratori di organizzarsi e dichiarare sciopero riconosciuto dalla Costituzione. Fonti interne del Pd alla commissione hanno fatto sapere di avere chiesto tempo e lo stesso governo – che si è detto favorevole alla nuova legge con il ministro dei trasporti Graziano Delrio e quello al lavoro e al Welfare Poletti – non è pronto a portare l’affondo. Non sono bastate le uscite in questo senso del segretario del Pd Matteo Renzi, e nemmeno le dichiarazioni rilasciate nelle ultime settimane dai titolari dei ministeri. Ieri il sottosegretario al lavoro Luigi Bobba ha chiesto di non concludere la discussione generale per trovare una quadra tra i ministeri del lavoro, della funzione pubblica e delle Infrastrutture. I presidenti delle commissioni, Torrisi e Sacconi, intendono riunirle dopo la pausa estiva. Dopo due anni di lavori parlamentari, il Ddl resta in stallo.

LE DUE PROPOSTE di revisione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, varata nel 1990 proprio in funzione «anti-Cobas», intendono riservare il diritto allo sciopero ai sindacati in possesso di almeno la metà della rappresentatività della categoria di riferimento. L’adesione allo sciopero dovrebbe essere comunicata almeno cinque giorni prima e non si potrebbero più indire assemblee sindacali durante l’orario di lavoro. Si parla di un referendum attraverso il quale una maggioranza di lavoratori, o una «coalizione sindacale minoritaria nell’azienda o nel settore», deve dichiarare sciopero. Sull’argomento è intervenuta la segretaria della Cgil Susanna Camusso: ««Dobbiamo trovare un legame tra la rappresentanza misurata e la rarefazione degli scioperi – ha detto – Questo sistema ha un difetto che riguarda, in particolare, il settore dei trasporti: la competizione tra molte sigle sindacali che porta a una moltitudine di proclamazioni di scioperi. Lo sciopero non è improvviso: esiste un’auto-regolamentazione per non danneggiare i cittadini».

LE PRESSIONI sullo sciopero dei mezzi pubblici dichiarato per oggi da Faisa-Confail, Sul Trasporti, Usb e Orsa ha prodotto risultati. Dopo alcuni incontri al Ministero dei Trasporti e in Prefettura, i primi due hanno deciso di rinviare la protesta nazionale di 24 ore, gli altri due l’hanno confermata a livello locale, a Napoli e a Roma. Nella Capitale lo sciopero è stato ridotto a 4 ore da un’ordinanza del prefetto Paola Basilone. Le motivazioni sono di ordine pubblico: si cita l’afflusso dei turisti nella Capitale, il concerto dei Red Hot Chili peppers all’ippodromo di Capannelle con 35 mila spettatori attesi e l’«ondata di caldo». Sempre in chiave di contrapposizione con gli utenti danneggiati dall’interruzione del servizio, mai dal punto di vista dei lavoratori che perderanno 80 euro scioperando contro la cancellazione del decreto regio 148 del 1931 che introduce il Jobs Act: gli auto-ferrotramvieri potranno essere assunti e licenziati senza articolo 18. Questo è il motivo dello sciopero, insieme alla denuncia delle «privatizzazioni» e della mala-gestione delle aziende dei trasporti. Per sensibilizzare la cittadinanza Usb ha promosso una petizione online e inviato una lettera aperta per la difesa del diritto allo sciopero e la denuncia delle «leggi liberticide» che si preparano al Senato. In queste ore gira in rete anche una foto-petizione degli autisti Atac per un servizio pubblico equo, efficiente e pubblico: «Siamo dalla stessa parte, insieme siamo imbattibili».

I SINDACATI della scuola sono allarmati. «Assurdo pensare che solo un ristretto numero di sindacati possa avere il diritto di sciopero, è un principio classista e discriminatorio» sostiene Marcello Pacifico (Anief). «La logica di Ichino e dei suoi sodali è assurda – sostiene Piero Bernocchi (Cobas) – Non può essere il pluralismo sindacale a creare problemi. Se un sindacato non è rappresentativo i suoi scioperi non saranno seguiti. Loro invece si stracciano le vesti perché gli scioperi riescono. Le sigle che li proclamano sono rappresentative perché mobilitano intere categorie anche se non hanno la maggioranza del 35% sindacalizzato».

IL NODO della rappresentanza è cruciale. Usb critica l’assenza di una «legge democratica capace di verificare la reale rappresentatività dei sindacati». «Quando si vota una Rsu non c’è la possibilità di votare una lista nazionale e questo danneggia i sindacati di base» aggiunge Bernocchi. «Sono le regole che hanno imposto lor signori a farli uscire dai gangheri – sostiene Stefano d’Errico (Unicobas) – Credevano di avere assegnato il monopolio dei diritti ai sindacati di comodo, ma i lavoratori non si fanno abbindolare».