Le tensioni sociali che la crisi del coronavirus si porta in grembo, si stanno concentrando in Russia, dove la fragilità della struttura economica e sociale è terreno fertile per le più diverse rivendicazioni.

L’ultima in ordine di tempo quella scoppiata nel centro di Mosca ieri pomeriggio. Secondo secondo quanto riporta Kommersant “un migliaio di commercianti si sono radunati al mercato di Food City per protestare contro l’aumento degli affitti dei box-negozio dopo che la proprietà ne aveva annunciato l’aumento da 5 a 7 mila rubli mensili”.

In realtà i commercianti, in primo luogo di origine caucasica e centrasiatica si erano radunati per chiedere la riduzione degli affitti e la rabbia è esplosa quando hanno dovuto constatare con amarezza che le pigioni non sarebbero state ridotte ma aumentate.

A Food City ci sono circa 2,5 mila negozi e padiglioni che durante la pandemia hanno continuato a lavorare come prima, domeniche comprese. I capannoni di Food City sono uno dei più grandi centri alimentari all’ingrosso e al dettaglio del paese controllato da Nisanov e Zarakh Iliev, 2 fratelli azeri con un patrimonio secondo Forbes, di 4 miliardi di dollari.

Al secondo giorno di sciopero invece sono gli autisti russi che operano nella zona del confine russo-cinese di Suifenhe-Pogranichnoe, il più grande snodo di trasporto della regione. “E’ stata presa la decisione all’unanimità di bloccare l’ingresso di camion in Cina. Bisogna sempre aspettare molti giorni per entrare in Cina e ciт provoca una situazione sanitaria terribile” sostiene Petr Kupriyanov, presidente del sindacato dei vettori di trasporto del Territorio di Primorsky.

Lo sciopero ha provocato “il completo collasso della zona di transito”. I partecipanti alla protesta non sono principalmente indignati per la situazione associata all’epidemia , ma dallo “stato terribile” del checkpoint di frontiera.

“Per molti anni le autorità federali hanno promesso di ricostruire il valico di frontiera e aumentarne la produttività, ma nulla è stato fatto” dichiara ancora il sindacalista. Il mercato siberiano dipende fortemente dai prodotti agricoli cinesi e se sciopero dovesse proseguire a lungo, i prezzi potrebbero aumentare.

La situazione è resa piщ difficile anche dal fatto che gli autisti cinesi non mostrano alcuna simpatia per la protesta e gli hotel oltreconfine dove solitamente riposano gli autotrasportatori russi sono stati chiusi per presunti casi di coronovirus. In realtà, secondo il sindacato, si tratterebbe di una forma di pressione delle autorità di Harbin per spezzare lo sciopero.

Drammatica è – inoltre – la situazione nel principale ospedale infettivo della Cecenia. L’altro ieri Novaya Gazeta ha reso disponibili dei video in cui all’ospedale del distretto centrale di Gudermes durante un’assemblea spontanea i lavoratori, quasi tutte donne, protestavano contro la mancanza delle più semplici protezioni contro covid-19.

L’11 maggio scorso è deceduto Khamzat Aliyev capo di traumatologia dell’ospedale. Si è trattato del terzo decesso tra gli operatori sanitari della struttura negli ultimi giorni e ciò ha provocato un’ondata emotiva senza precedenti fino alla proposta fatta in assemblea da parte di alcuni tra i lavoratori più esasperati, di incrociare le braccia. Cosa poi realmente accaduta quando la direzione dell’ospedale ha minacciato licenziamenti di massa.

Ieri l’arrivo nella struttura di Rasman Kadyrov, presidente padre-padrone della Repubblica, sembra aver calmato gli animi e il lavoro è ripreso, ma i lavoratori non sembrano intenzionati ad accontentarsi di promesse.