La Russia abbandona il dollaro come strumento per gli scambi commerciali internazionali. Ieri la Tass ha pubblicato in anteprima stralci dell’intervista concessa dal vice ministro degli esteri russo Sergej Ryabkov alla rivista Meznunardny Gizn’.

«È giunto il momento in cui dobbiamo passare dalle parole ai fatti, di sbarazzarci del dollaro come mezzo per i nostri scambi internazionali: opereremo con mezzi di pagamento diversi. Grazie a dio ciò sta diventando realtà e lavoreremo in questa direzione a tappe forzate» ha dichiarato il membro del governo russo.

La clamorosa decisione era da tempo nell’aria. Già nell’intervista concessa dal premier Dmitry Medvedev qualche giorno fa a Kommersant aveva sostenuto che la risposta agli ultimi round di sanzioni americane non sarebbe stata «solo diplomatica ed economica ma anche politica» senza però specificare a quali misure stesse pensando il Cremlino.

Ora, presa la decisione, saranno i ministeri economici a definire i tempi della «fuoriuscita dal dollaro», ma già si parla del 1 gennaio 2019 come dead-line. Il processo del resto è già in corso: dal primo gennaio 2018, su istruzione diretta di Vladimir Putin, la Russia ha abbandonato l’uso del dollaro come mezzo di scambio nei propri porti e la banca centrale russa, questa primavera, ha venduto gran parte delle obbligazioni americane che ancora conservava nel suo paniere.

La scelta dovrebbe cadere su un maggiore utilizzo della divisa europea e di questo avrebbero anche parlato Putin e Merkel nel loro incontro di sabato in Germania. Esclusa invece secondo il moscovita Vedomosti la possibilità di utilizzare criptovalute mentre lo staff del Cremlino ha specificato nel pomeriggio di ieri di «pensare a un nostro sistema di pagamento» e persino a sistemi di pagamento elettronici alternativi a Master Card e Visa. Una scelta delicata visto che ancora oggi su scala mondiale il 60% degli scambi avviene in dollari e solo poco di più del 30% in euro.

Ryabkov nell’intervista ha fatto appello perché anche altri paesi seguano la Russia: «Naturalmente, in queste condizioni anche altri Stati dovrebbero trovare il modo di proteggersi dall’influenza degli Stati Uniti e coordinarsi tra loro», ha sottolineato il vice-ministro.

Ma se il significato politico della decisione russa è evidente, il suo peso economico è relativo. L’interscambio economico russo-americano è ridotto ormai a 23 miliardi di dollari annui (contro gli oltre 250 miliardi dell’Unione europea e i quasi 100 della Cina) e anche se la Russia nel futuro eviterà, anche nel settore energetico, di usare biglietto verde, ciò non dovrebbe incidere particolarmente sulla finanza americana.

Non a caso le reazioni americane alle dichiarazioni di Ryabkov sono state contenute. I media americani si sono concentrati su altri passaggi dell’intervista del vice-ministro russo, quella in cui si conferma che la Russia «continuerà comunque a vendere i motori per l’aviazione e per i missili Usa» ha messo in risalto per esempio il Financial Times nella sua edizione online.

La decisione di rendere ufficiale una misura in parte già operativa e in parte da perfezionare, viene però anche da necessità contingenti. Il rublo resta sotto forte pressione sui mercati valutari. Le sanzioni americane contro Sberbank e il divieto ai cittadini americani di acquistare obbligazioni russe nel futuro ha indebolito pesantemente la divisa russa che malgrado gli interventi massicci della banca centrale a sua difesa è arrivata ieri ad essere cambiata 1 a 69 contro il dollaro.

Come ha affermato Ryabkov, Mosca ora teme che «le sanzioni in due fasi in relazione per il presunto coinvolgimento russo nel “caso Skrypal” che entreranno in vigore in novembre, produrranno gravi restrizioni al commercio russo».

Malgrado le sanzioni russe non possano rappresentare una grave spina nel fianco per l’amministrazione Trump, il rappresentante del governo russo ritiene che comunque vadano imposte: «Gli americani sono abituati a parlare con la Russia nel linguaggio degli ultimatum e delle imposizioni. Gli Usa non capiscono la normale logica, credono che se continueranno sulla loro linea, prima o poi la Russia farà concessioni, adempierà a ciò che Washington vuole, rinuncerà alla sua politica estera indipendente e, di fatto, capitolerà».

Tra le misure allo studio, quella più propagandistica potrebbe essere la chiusura delle catene di fast-food McDonald e Burger King, di cui si parla da tempo, ma anche altre economicamente più significative come quella annunciata ieri da Alexey Kondratev vicepresidente del Consiglio della Federazione alla difesa: l’interruzione dell’acquisto di tutti i dispositivi elettronici e componentistici a duplice uso dagli Stati Uniti che verranno sostituiti da quelli di produzione cinese.