A 16 anni dal giorno in cui la Spagna si trasformò nel terzo paese al mondo a permettere il matrimonio fra persone dello stesso sesso in uguaglianza di condizioni, in questo scorcio di 2021 è a un passo dal segnare una nuova pietra miliare per i diritti umani: l’approvazione di una legge che depatologizza la transessualità e garantisce l’autodeterminazione del proprio genere.
Solo sei paesi europei (Portogallo, Danimarca, Belgio, Malta, Irlanda e Lussemburgo) e l’Argentina possiedono leggi simili.

MA QUESTO TRAGUARDO, che sembrava a portata di mano fino a poche settimane fa, improvvisamente è diventato una miccia che rischia di far saltare i già tesi rapporti fra i due soci del governo di Madrid, Partito socialista e Unidas Podemos.

Come è possibile che proprio su un tema sulla carta così poco divisivo fra due partiti che dei diritti sociali hanno sempre fatto orgogliosa bandiera si sia scatenata una guerra che alcuni pensano potrebbe addirittura far esplodere l’attuale fragile maggioranza parlamentare su cui si regge il governo di Pedro Sánchez? Come è possibile che sul corpo delle persone trans si stia combattendo questa guerra sporca fra, oltretutto, due femministe?

Facciamo un passo indietro di un anno e qualche mese, quando l’attuale governo era in gestazione, con infinite polemiche sulla ripartizione dei ministeri. A Madrid non si era mai visto un governo di coalizione, e il partito socialista non era abituato all’idea di dover cedere fette di potere. Ma Podemos, che aveva rinunciato ai ministeri chiave, non aveva alcuna intenzione di mollare sui ministeri simbolici a loro più cari: quelli sociali.

IL VERO NODO era quello del ministero d’uguaglianza: la cordovese Carmen Calvo, attuale potentissima vicepresidente, aveva combattuto con unghie e con i denti per non mollare il ministero di cui era titolare a Irene Montero, politica di primo piano di Podemos. Ma Sánchez aveva deciso: i soci si erano messi di traverso per quel ministero, e la casella toccava ai viola.

Calvo non l’ha mai mandato giù, e siccome la vendetta è un piatto che si consuma freddo, il secondo atto si consuma ora.

NEL PROGRAMMA DI GOVERNO firmato a gennaio 2020, c’era scritto chiaramente che il governo avrebbe lavorato su un pacchetto di leggi per l’uguaglianza, la non discriminazione e la valorizzazione della diversità: «una legge trans», «una legge contro la discriminazione delle persone LGBTI» e «una legge per l’uguaglianza e la non discriminazione». Tutte competenze nelle mani di Montero. In questi mesi il ministero guidato dalla compagna di Pablo Iglesias aveva lavorato alacremente per elaborare i testi di queste tre leggi, consultando associazione e scambiandosi bozze con il Psoe. La bozza definitiva delle prime due leggi è circolato all’inizio del mese, e la terza era quasi ultimata. Ma è la «legge trans» quella che per Montero rappresenta la pietra angolare dell’uguaglianza.

LA GUERRA SI È SCATENATA non appena ne è stato reso noto il testo, che ricalca quello di una legge presentata dal Psoe nel 2017, e la cui presentazione era stata approvata in commissione giustizia nel 2019 da un’amplissima maggioranza prima che Sánchez sciogliesse anticipatamente le camere. Un settore minoritario (ma molto combattivo) del femminismo e del Psoe ha iniziato ad attaccare la legge con argomenti speciosi, e francamente transfobici, come che riconoscere il diritto all’autodeterminazione di genere possa «negare la realtà» delle donne, o che un violentatore possa dichiararsi donna per sfuggire alle responsabilità penali (banalizzando come neanche Vox le indicibili sofferenze e discriminazioni delle vite delle persone trans) – cosa che peraltro il testo del disegno di legge vieta esplicitamente. Sarebbe facile osservare che in Argentina, dove una legge analoga è in vigore dal 2012, nessuna delle cose temute è accaduta. Ma non importa: si è scatenata una guerra con attacchi sistematici a Podemos e a Montero, con «femministe» che la accusano di tradire le donne (dimenticando che esistono anche uomini trans).

 

L’attuale ministra spagnola dell’Uguaglianza, Irene Montero, di Podemos (foto Ap)

 

SI TRATTA DI UNA LEGGE fortemente appoggiata dalle associazioni LGBTI, e in particolare dalle persone trans: finalmente, derogando una legge del 2007, non saranno necessari certificati medici e psicologici, né lunghi trattamenti farmacologici e ormonali per poter assumere «il genere autopercepito, e liberamente determinato». Il collettivo trans è uno dei più discriminati dentro il mondo LGBTI, e solo dal 2018 la transessualità non è più considerata con il nome di «disforia di genere», come una malattia. La legge certificherebbe per sempre la piena depatologizzazione della transessualità, il primo passo per combattere la transfobia della società.

Ma Calvo e una parte del Psoe hanno deciso di combattere questa guerra calpestando le persone più fragili, impedendo che la legge venga portata in Consiglio dei ministri la settimana prossima. Sono arrivati a presentare martedì una legge in parlamento per l’uguaglianza e la non discriminazione, bypassando quella che stava già preparando Montero in un voluto gesto di slealtà. Una proposta di legge dove si è consumato l’ennesimo strappo fra alleati, perché è la prima volta che Podemos non ha votato a favore dell’inizio dell’iter parlamentare di una legge presentata dal suo socio, il minimo della cortesia parlamentare fra alleati.

L’AMARA IRONIA è che i socialisti l’hanno battezzata «legge Zerolo», in onore dell’attivista che più si batté nel 2005 per la legge sul matrimonio egualitario e che gli attivisti LGBTI dentro il partito socialista citano come referente contro ogni afflato transfobo della ministra Calvo e dei suoi accoliti.