Arnaud e Jean-Marie Larrieu sono due fratelli e cineasti del sud ovest della Francia. Tutto il loro cinema è legato alla regione dei Pirenei. Nel 2009 riuscirono a girare, con un budget dimezzato a metà lavorazione, un progetto molto ambizioso di film apocalittico – genere per lo più riservato alle grandi produzioni americane. Les Derniers jours du monde fu accolto con freddezza. Quella storia è stata riscoperta oggi, negli anni del covid, di cui aveva anticipato con molta intelligenza gli aspetti sociali e umani. Tanto che i Cahiers du cinéma l’avevano rimesso in copertina un anno fa, al momento della fine del primo lockdown, con Mathieu Amalric e Omahyra Mota a correre nudi per le strade di una Parigi deserta. Quella corsa liberatoria non è durata molto, come sappiamo.

Ma i Larrieu non hanno perso la perspicacia né l’ottimismo. Il film che portano quest’anno sulla Croisette, Tralala, è una commedia musicale leggera, bella, divertente. La proiezione di ieri sera al grande teatro Lumière ha messo tutto il pubblico in uno stato di spensierata euforia. Inutile dire che ce n’è bisogno.

ANCORA UNA VOLTA, il protagonista è un senza fissa dimora interpretato da Mathieu Amalric. Qui in un ruolo che è una sorta di fratello del barbone che Denis Lavant ha più volte portato sullo schermo per Leos Carax, e che troviamo anche qui, come se tra questi film ci fosse una sorta di porosità di personaggi. Il nostro eroe abita per le strade di Parigi, dove si esibisce con una sgangheratissima chitarra elettrica, improvvisando parole alla maniera di un trovatore: per questo viene chiamato con scherno gentile «Tralala» (in italiano scriveremmo Trallallà).

Un giorno Tralala incontra una ragazza che lo invita a bere a un bar e tutt’a un tratto scompare, lasciando però sul tavolo un accendino con un’effige della madonna di Lourdes. Il nostro non ci pensa due volte e sbarca nella città dei miracoli, sperando in una riapparizione assai profana della fanciulla. Gli abitanti del villaggio lo scambiano per un ragazzo che, prima di intraprendere un viaggio in America dal quale non sarebbe più tornato, era una sorta di celebrità locale: Pat. È a partire da questo qui pro quo (tale e quale in Titane) che i due registi costruiscono la loro commedia. Una commedia musicale è ovviamente una prova per gli attori, che recitano e cantano. Amalric sorprende, molto a suo agio con delle partizioni musicali che lasciano intravedere lo stile pop surreale di Philippe Katrine, autore delle musiche. Il resto del cast segue. Più (Mélanie Thierry) o meno (Maïwenn) bene. O benissimo: Bertrand Belin. È forse di quest’ultimo la performance più azzeccata, con uno stile estetico e musicale che mescola Johnny Halliday (il re del rock francese, un personaggio paragonabile in Francia a quello che Elvis rappresenta ancora per gli Stati Uniti) e Benjamin Biolais.

I FRATELLI LARRIEU eccellono nell’arte della confezione. Sono due bravi artigiani che sanno sempre trovare delle idee sorprendenti ma che a volte cadono nella trappola di film dalle ambizioni divergenti. In questo caso, Tralala funziona benissimo perché non va oltre l’intenzione di far ridere – cosa che per altro è tutt’altro che facile – e concentrandosi su quest’ambizione con intelligenza e leggerezza riesce a dare al film uno spessore. Il microcosmo che i due registi costruiscono a Lourdes è una sorta di modellino semplificato, non per questo superficiale, della Francia di oggi, dei sogni infranti della sua popolazione, della mediocrità senza fine della sua classe dirigente.