L’ultimo atto giudiziario dell’attentato di Macerata del 3 febbraio 2018 è fissato per mercoledì 20 gennaio in Cassazione. A rappresentare Luca Traini, condannato a dodici anni per strage aggravata dall’odio razziale sia in primo sia in secondo grado, ci saranno il suo legale di fiducia Giancarlo Giulianelli e Franco Coppi, penalista di grido già difensore di Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti.

Mosso a suo dire dalla sete di vendetta per la morte di Pamela Mastropietro, Traini passò una mattinata a girare per le strade di Macerata a bordo della sua Alfa Romeo sparando a tutti gli uomini neri adulti che incrociava sul suo cammino, oltre a un colpo esploso contro la sede locale del Pd. In totale, alla fine di quelle ore di follia, il conto fu di sei feriti. L’attentato surriscaldò il clima politico in città e per tutta la settimana successiva ai fatti si susseguirono raid e manifestazioni dell’estrema destra, con la risposta antifascista che arrivò sotto forma di gigantesca manifestazione con trentamila persone in corteo intorno alle mura del centro storico.

Da allora sono cambiate molte cose: la Lega ha visto decuplicare i suoi consensi in città, arrivando addirittura a eleggere il nuovo sindaco dopo anni di dominio incontrastato del centrosinistra, e di Traini ormai si parla poco, e quasi sempre con toni di comprensione più che di sdegno per quello che, a tutti gli effetti, rappresenta l’ultimo attentato terroristico compiuto su suolo italiano.

«Il ricorso in Cassazione – dice l’avvocato Giulianelli – verte innanzitutto sul disconoscimento del reato di strage, poi sull’assenza di odio razziale e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche. Io ho sempre stigmatizzato il comportamento di Traini, però deve essere qualificato correttamente e non in maniera propagandistica. E per me non si configurerebbero nemmeno sei tentati omicidi, quanto piuttosto una serie di lesioni aggravate».

Luca Traini attualmente è recluso nel carcere di Ancona e, chi gli è vicino, continua a parlare di lui come di un detenuto modello, benché non abbia mai mostrato particolari segnali di pentimento per quello che ha fatto, giustificandosi sempre con i sentimenti di rabbia che provava a causa dellìomicidio Mastropietro. «Purtroppo – conclude Giulianelli – il suo gesto è stato preso d’esempio da altri scellerati».