Come un’onda anomala, fu veloce e violenta. Erano le ore 22,15 del 3 giugno del 2017 e in piazza San Carlo a Torino, durante la proiezione della finalissima di Champions League fra Juventus e Real Madrid, si scatenò il panico. Un fuggifuggi generale, urla e disperazione. La voce che si sparse era quella di un attentato terroristico, ma per nessuno ci fu il tempo di valutarne la veridicità: il caos prese il sopravvento. Chi franò tra i cocci di bottiglie, chi fu schiacciato dalla folla. Rimasero ferite oltre 1.600 persone e due morirono in seguito. Una tragedia.

Erika Pioletti, 38 anni, fu schiacciata nella ressa e morì dopo alcuni giorni di agonia. Marisa Amato, che non stava nemmeno guardando la partita, fu travolta dalla folla mentre passeggiava in centro con il marito. Rimasta tetraplegica, è morta, a 65 anni, all’inizio di quest’anno.

Non fu facile per gli investigatori trovare il bandolo della matassa. Le indagini della procura di Torino hanno successivamente accertato che a scatenare l’allarme fu il tentativo di rapina di un gruppo di giovanissimi che, per provocare scompiglio e agire indisturbati, utilizzavano lo spray urticante al peperoncino. La «banda dello spray», appunto; simile negli intenti, nelle strategia e per età a quella che ha scatenato il panico a Corinaldo nel dicembre del 2018.

Ecco, perché la svolta nelle indagini sulla strage nella discoteca marchigiana richiama subito alla memoria il precedente più eclatante: piazza San Carlo. Per il disastro torinese, il 17 maggio, quattro giovani italiani di origini marocchine sono stati condannati a circa dieci anni di carcere. Il gup Maria Francesca Abenavoli, nel processo con rito abbreviato, ha, infatti, accolto la linea dei pm Paolo Scafi e Roberto Sparagna, avvallata in precedenza da una pronuncia interlocutoria della Cassazione. Sohaib Bouimadaghen, soprannominato «Budino», Hamza Belghazi e Mohammed Machmachi – di 21, 20 e 21 anni – sono stati condannati a 10 anni, 4 mesi e 20 giorni. Per Aymene El Sahibi, 22 anni, considerato autore di un minor numero di furti, la pena è di 10 anni, 3 mesi e 24 giorni. Il legale dei quattro, Basilio Foti, ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso: «Non è giustizia, perché non ci può essere alcun nesso tra lo spray e la morte di Erika Pioletti e Marisa Amato, che furono travolte a centinaia di metri di distanza».

Secondo l’accusa, i quattro giovani facevano parte di una banda di una decina di ragazzi che vedevano nei concerti e nei grandi eventi un’occasione per compiere razzie, tanto da colpire anche in altre città del Nord Italia e poi in Belgio, Svizzera, persino in Inghilterra. Dal concerto di Justin Bieber a Monza al festival di Notting Hill di Londra, dal Tomorrowland di Boom (Belgio) a incursioni in Francia; simili «attacchi» li avevano compiuti a un’esibizione della cantante Elisa a Torino, poi a Firenze, Milano, Reggio Emilia, Padova. Alla «banda dello spray» sono stati contestati a vario titolo 29 furti e 13 rapine. I dieci hanno recentemente patteggiato pene che vanno da un minimo di un anno a un massimo di quattro anni e otto mesi. I fatti del 3 giugno sono stati, invece, tenuti in un processo separato.

Un secondo filone su piazza San Carlo sta, invece, valutando le responsabilità istituzionali nella gestione e nell’organizzazione dell’evento. È ancora in corso l’udienza preliminare per i quindici amministratori, tra cui la sindaca Chiara Appendino e l’ex questore Angelo Sanna, accusati di lesioni, omicidio e disastro colposi. Sono finora 32 le «persone offese» che hanno raggiunto un accordo con la Città di Torino e l’agenzia Turismo Torino (tramite le assicurazioni Unipol e Reale Mutua) per ottenere un risarcimento. Per altre 23 le trattative sarebbero in una fase molto avanzata.