Si chiude domani sera, con l’ultima replica del circo coreografico di Florence Caillon per L’Éolienne, «La Grande Danza al Piccolo», di cui abbiamo già parlato in queste settimane per le presenze consistenti di Aterballetto e Carolyn Carlson. L’apertura di rassegna a fine maggio era stata affidata a Mr & Mrs Dream: spettacolo firmato e interpretato dall’ex étoile dell’Opéra di Parigi, Marie-Claude Pietragalla, con Julien Derouault. Titolo debole sotto il duplice profilo coreografico e compositivo, Mr & Mrs Dream, nonostante l’ispirazione a Ionesco e il corposo apparato tecnologico, mixa in un pasticcio prolisso danza, parola, immagini, non riuscendo a dare al non-sense della premessa la forza di una lettura del nostro tempo.
Più originale il lavoro della compagnia Zahrbat di Brahim Bouchelaghem, di base a Roubaix, che al Teatro Studio Melato, per «La Grande Danza al Piccolo», ha portato in settimana Tracks. Bouchelaghem prova a raccontare con l’hip-hop storie di vita quotidiana, osservate attraverso il filtro di una poesia stralunata, alla Buster Keaton. Fenomeno di protesta, nato per le strade dei ghetti di New York negli anni Settanta, l’hip-hop e la sua tecnica prodigiosa di movimento da anni flirta con la danza contemporanea.

La compagnia Zahrbat, che ha proposto al Piccolo anche performance per le strade, coinvolgendo la gente di passaggio, in Tracks strizza l’occhio al jazz e agli anni Venti. Lo spettacolo ha tra i suoi coproduttori il Centre Chorégraphique National Roubaix Nord-Pas de Calais, che è stato diretto per molti anni da Carolyn Carlson, artista che ha definito Bouchelaghem «il poeta della danza di strada».

Il performer dello spettacolo sono quattro, tre uomini e una donna. La colonna sonora è un viaggio accompagnato dalle voci di Louis Armstrong, Billie Holiday, e da standard celebrati come My funny Valentine di Mulligan e Take Five di Dave Brubeck. Tutto parte da una valigia verde che non si trova e che dà il via a una danza sospesa tra i quattro magnifici danzatori e bagagli demodés passati di mano in mano.

Quello che più sorprende è comunque il mood della tecnica, messo a punto da Brahim Bouchelaghem, un hip-hop virtuosistico quanto magicamente morbido: come se i quattro non avessero ossa e le articolazioni danzassero in un’onda dalle piccolissime, mirabili increspature.