«La causa segreta di un atteggiamento sfugge spesso anche a occhi acuti»: questa massima di rassegnata saggezza potrebbe riassumere il senso di un romanzo come Memoriale di Aires, che la casa editrice Lindau ha il merito di aver riproposto nella pregevole traduzione di Giuliana Segre Giorgi (pp. 236, euro  19,00).

Pubblicato nel 1908, è l’ultimo romanzo del brasiliano Machado de Assis e a lungo è stato considerato un libro senile, nel quale il disincanto e la perfidia dell’autore di Don Casmurro si sarebbero mitigati, aprendo a una riconciliazione con l’amore coniugale e con relazioni sociali in fondo mai profondamente minate dalle nefandezze della vita.

Nel suo diario, Aires registra vicende domestiche per nulla enfatiche e, a dire il vero, anche ben poco romanzesche: l’affezione di un’anziana coppia per una giovane vedova, l’inaspettato ritorno a Rio de Janeiro di un altro giovane partito anni prima per l’Europa e la ritualità pacata di un ristretto gruppo borghese ormai avanti con gli anni; il tutto osservato dal punto di vista di un diplomatico in pensione che, scettico senza essere mai cinico, commenta l’inesorabile passare del tempo. Segre Giorgi suggerisce di interpretare questa «trama leggera» come un confronto serrato tra vecchiaia e giovinezza.

Leggendo quello che dovrebbe essere il romanzo più garbato di Machado de Assis, si ha tuttavia l’impressione che i tanti esempi di virtù disseminati dall’autore tra i suoi personaggi andrebbero interpretati adottando un principio di inestricabile incertezza. La versione fornita da Aires, infatti, è tutt’altro che affidabile e Machado de Assis, ancora volta, è straordinario nella sua capacità di consegnare chi legge a un narratore che, sopravvalutando il proprio acume, è convinto di avere ragione anche quando probabilmente ha torto. E così, il Memoriale, senza mai rivelarsi, lascia intuire quello che potrebbe essere: non l’apologia dell’amore coniugale ma un romanzo spietato sulla simulazione e il tradimento, che andrebbe letto senza mai scartare la possibilità di una versione alternativa.

Fidelia, nella sua ambiguità, è una degna erede di Capitu così come Tristão potrebbe essere un ipocrita arrivista oppure, a voler credere ad Aires, un bravo ragazzo, forse solo un po’ scostante. L’autore non fornisce prove e al lettore rimangono solo degli indizi, talvolta contraddittori. Non è un caso, quindi, che nel diario si parli della abnegata vedovanza di Fidelia nello stesso paragrafo in cui Aires commenta l’arrivo in Brasile del poker, una novità inventata negli Stati Uniti, un gioco tutto centrato sulla capacità di rendere credibili i propri bluff.

Oltre al romanzo, Lindau ha pubblicato anche Cronache brasiliane (pp. 212, euro 18,50), un’antologia di racconti, tra i quali alcuni capolavori di Machado (su tutti, L’alienista e Le braccia), il cui interesse sta anche nella possibilità di capire come alcuni temi e procedimenti narrativi vengano sperimentati dal grande autore brasiliano nella forma breve prima ancora che nei romanzi della maturità, ciò che avrebbe reso utile – dato anche il titolo fuorviante della raccolta – fornire almeno le date di pubblicazione dei racconti.