Le luci sono spente, le Tesla riposte nei garage, i cancelli degli Studios sbarrati. Sul «lot» della Paramount regna lo stesso silenzio dell’Hollywood Forever, il cimitero monumentale che lambisce i muri di cinta dello Studio. Da metà marzo lo stop alla fabbrica dei sogni ha azzerato anche un settore chiave della economia locale. Il comparto audiovisivo rappresenta solo in California 722000 posti di lavoro e 68 miliardi di dollari annui in salari più 2,4 miliardi di indotto. Le produzioni avviate a Los Angeles a febbraio erano 1091, a marzo il numero è sceso a zero con prevedibili conseguenze per creativi e maestranze che, come avviene in altre industrie culturali quali teatro, lirica e musica, operano spesso in un arcipelago non garantito di ingaggi incostanti procacciati su base freelance, un libero mercato di competenze e conoscenze.

Non avendo un datore fisso di lavoro molti lavoratori del cinema accedono alla copertura sanitaria in base ad un minimo di ore lavorate, quindi, come sarà per tanti americani le cui assicurazioni sono legate all’impiego, rischiano di perdere la copertura nel momento in cui sarà più essenziale. E mentre finiscono gli ultimi spicci del sussidio spedito il mese scorso, e c’è da pagare di nuovo l’affitto, si cerca di immaginare una riapertura nell’incertezza quasi completa complicata dalle politiche a singhiozzo, e spesso contraddittorie di amministrazioni locali e federali.

COSÌ QUESTA settimana i cinema dovrebbero riaprire in Texas e in Georgia, dove hanno riaperto i bowling e perfino gli studi per tatuaggi e piercing. Entrambi stati repubblicani con governi «apertisti» ma al di là dei programmi dei governatori sono da vedere le intenzioni degli esercenti, restii ad assumersi responsabilità e spese di riapertura senza chiare normative sulla sicurezza sanitaria. Di fatto per ora nessuna delle grandi catene di multisala sembrano aver fretta di riaprire i battenti – anche perché manca il prodotto. Gli studios hanno infatti cancellato film a raffica (fra cui l’ultimo James Bond, Fast and Furious 9, Quiet Place 2, i titoli che normalmente riempirebbero le sale estive e i forzieri degli Studios. Ce ne sono ancora un paio sugli scaffali con una – almeno teorica – data di uscita: Tenet, l’ultimo thriller metafisico di Christopher Nolan il 17 luglio, e Mulan la versione live action del cartoon Disney (che aveva in programma una prima monumentale in Cina a marzo) il 24 luglio. Ma come ogni programma di questi tempi, quelle date vanno interpretate come una speranza passibile di modifica a seconda l’evoluzione degli eventi.

La realtà è che l’estate di Hollywood è già saltata o è radicalmente cambiata. Non ci sarà la consueta valanga di blockbuster e molti studios hanno optato per il passaggio direttamente su Vod. Il modello di film a pagamento online era già andato crescendo in questi anni caratterizzati dall’ascesa di Amazon e Netflix, il virus rischia di dare una spallata decisiva al contenzioso con le sale cinematografiche a favore dello streaming. Un esempio: visti i risultati ottenuti da Trolls World Tour – la animation c ha fatto incetta di ordini online grazie ad un vasto pubblico prigioniero in casa, incassando 100 milioni di dollari in tre settimane, paragonabile ad una buona apertura in sala – la Universal . hadichiarato che in futuro, anche a sale aperte, potrebbe mettere film contemporaneamente in streaming. L’annuncio ha suscitato l’ira degli esercenti, compreso il boicottaggio da parte della AMC, la grande catena di multisala: non programmerà più alcun titolo Universal.

DIETRO l’escalation delle tensioni c’è il sudore freddo degli esercenti che obbligati all’inattività sono costretti anche ad assistere forse alla definitiva ascesa dei concorrenti diretti. Le piattaforme digitali stanno facendo man bassa di un pubblico che e stringono alleanze coi festival, costretti anche loro a chiudere i battenti. Tribeca, la rassegna fondata da Robert De Niro prevista a New York dal 15-26 aprile ha predisposto la visione dei film in programma per a giuria (che ha assegnato i premi) e ha annunciato l’adesione a «We Are One», il festival virtuale su Youtube (29 maggio – 7 giugno) che presenterà gratuitamente film e incontri online con la partecipazione dei festival di Berlino, Venezia, Toronto Sundance e Cannes e altri . L’obiettivo è na piattaforma di solidarietà nel quadro di una raccolta di fondi a favore dell’Oms.
Simile iniziativa anche per SXSW (South by Southwest), la vetrina indie di Austin che programato una selezione dei suoi film su Amazon Prime( fino al 6 maggio). Insomma anche se gli esperimenti online non potranno sostituire i veri festival, la pandemia rischia di accelerare processi di cambiamento già in atto e renderli forse irreversibili.

Una cosa accomuna però la Hollywood tradizionale e quella ibridata con le piattaforme: se non si riavvierà la macchina produttiva rischiano di esaurirsi magazzini e listini. Per ora le post produzioni lavorano, si scrivono le sceneggiature per progetti futuri ma è ovvio che occorrerà riprendere a girare e anche su questo aspetto regna grande incertezza. La DGA, associazione dei registi, ha istituito un gruppo di lavoro per esaminare possibili modalità di riapertura mettendo «in sicurezza» i set.

TANTO per sottolineare come realtà e finzione siano ormai inestricabilmente mescolate, la task force è stata affidata a Steven Soderbergh, il cui Contagion ha prefigurato la pandemia virale già 12 anni fa, ed è risorto come stracult nelle ultime settimane. Il regista si sta avvalendo degli stessi consulenti scientifici che all’epoca avevano collaborato con lui alla stesura del copione, fra cui il virologo Ian Lipkin. La scorsa settimana quest’ultimo ha confermato ad un gruppo di giornalisti della stampa estera che il team ha all’esame misure come l’uso obbligatorio di guanti, il divieto per le maestranze di condividere utensili, turni scaglionati, stazioni di trucco isolate e il solito distanziamento sociale. Sono possibili modelli più drastici come troupe e cast in quarantena in abitazioni collettive per la durata delle riprese, isolati dalle famiglie con tamponi giornalieri. Molto di più potrebbe essere affidato agli effetti speciali e tecniche virtuali , dal green screen alla «prossimità artificiale». Ma anche qui si procede per ora a tentoni.

L’effetto a cascata coinvolge già i premi del settore del prossimo inverno. L’Academy ha comunicato che gli Oscar rimangono in programma per il 28 febbraio 2021.Data la situazione il regolamento che prevedeva l’obbligo di uscita in sala per una settimana minimo è stato modificato: saranno accettati anche film passati solo in streaming. Un’ altra brutta notizia per i fautori del cinema nei cinema. Le prossime puntate, come dicono qua, sono tutte da scrivere. Non si escludono colpi di scena.