A ridosso del centenario della morte sia di Gustav Klimt (Baumgarten, Vienna, 1862 – 1918) che di Egon Schiele (Tulln, 1890 – Vienna 1918), figure centrali della Secessione viennese, si torna ad analizzare questo importante movimento artistico europeo il cui nome, come è noto, ha origine dal dissenso legato alla «politica artistica» che avevano manifestato gli artisti di Monaco quando, nel febbraio 1892, abbandonarono la Genossenschaft. Le due associazioni erano guidate l’una dal più tradizionale Franz von Lenbach e l’altra da Franz von Stuck, portavoce delle correnti più nuove e di un simbolismo carico di riferimenti erotici.

FU PROPRIO LA SECESSIONE di Monaco con il suo pluralismo di stili a rappresentare il primo episodio di rottura dagli schemi ufficiali dell’arte, anticipando le altre secessioni e, a seguire, lo spirito insofferente delle avanguardie del ’900.
Con la sezione dedicata a Monaco inizia anche il percorso espositivo Secessioni Europee. Monaco, Vienna, Praga, Roma. L’onda della modernità (a cura di Francesco Parisi), che si snoda nelle sale di Palazzo Roverella a Rovigo (fino al 21 gennaio 2018). Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune e l’Accademia dei Concordi, la mostra è accompagnata dal catalogo (Silvana Editoriale) che approfondisce con attenzione filologica le diverse tematiche, esplicitando le relazioni tra letteratura / arti visive / musica, l’affermazione della grafica come linguaggio privilegiato e, in generale, l’attribuzione dello stesso valore al processo creativo di tutta la produzione artistica, sia le cosiddette arti maggiori (pittura, scultura, architettura) che quelle applicate: mobili, suppellettili, abiti, tessuti, accessori (di cui vediamo qualche esempio interessante, come il portapillole e l’astuccio portasigarette di Josef Maria Auchentaller, sedie e poltrone di Josef Hoffmann & Joseph Kohn che firmano anche la rara Sitzmaschine, Macchina per sedersi e, tra gli altri oggetti di straordinaria modernità, i vasi di Kolo Moser per la Wiener Werkstatte).

Altro tema condiviso è la visione della donna rappresentata come sirena-vipera o femme fatale anche quando c’è di mezzo il sacro, come nel dipinto bizantineggiante di Carl Strathmann (Maria, 1897) che il curatore Parisi associa al racconto Gladius Dei di Thomas Mann in cui il furioso protagonista «si scaglia contro la boutique di Bluthenzweig colpevole di esporre un dipinto della Vergine giudicato troppo moderno e scandaloso».
A proposito di icone femminili, l’opera a cui è affidata l’immagine della mostra di Palazzo Roverella è il dipinto di Klimt Amiche I (Le sorelle) (1907), un doppio ritratto proveniente dalla Fondazione Klimt di Vienna che nello sviluppo verticale evoca le stampe giapponesi: il dipinto fu esposto alla Biennale di Venezia del 1910, nella mostra personale dell’artista che ne sancì la consacrazione in Italia.

QUANTO ALL’INTERESSE per misticismo, magia ed esoterismo, esplicito nella poetica del cenacolo praghese del gruppo Sursum (veicolato attraverso la rivista Meditace su cui apparvero testi di grandi poeti, scrittori e intellettuali dell’epoca, tra cui Rimbaud, Rielke, Leppin) è un tema assai caro in particolare a Josef Váchal (di cui per la prima volta viene esposta in Italia una così nutrita quantità di opere provenienti per lo più da collezioni pubbliche come il Memoriale della letteratura nazionale di Praga e la Galleria della città di Praga) oltre che a Jan Konupek e Jan Zrzavý. Váchal, considerato l’erede di Bosch e Brueghel, è l’autore delle due interessantissime opere realizzate tra il 1904 e il 1907 a china, acquerello e pastello dal titolo Piano astrale (seduta spiritica) e Piano elementare (Piano delle Passioni e degli Istinti), in cui proietta paure e allucinazioni che tiene a bada attraverso la teosofia e lo spiritismo.

PIÙ ECLETTICO e ingarbugliato appare, infine, il panorama delle correnti secessioniste romane la cui Prima Esposizione Internazionale d’Arte della Secessione è del 1913, seguita da quelle del 1914, 1915 e 1916-17 (documentate dai rispettivi cataloghi), che include opere quali gli Studi per compenetrazione iridescente (Studi per il Manifesto della Secessione) di Giacomo Balla, Grazia Deledda di Plinio Nomellini, La cieca di Lorenzo Viani, Danzatrice Giavanese di Galileo Chini, Ada di Felice Casorati e, unica artista donna presente, Pasquarosa Marcelli Bertoletti con Interno di studio. Figlia di contadini di Anticoli Corrado, Marcelli Bertoletti era stata modella per numerosi artisti tra cui quel Nino Bertoletti che sposò. Cominciò a dipingere da autodidatta intorno al 1913: con cinque dipinti di matrice fauve partecipò alla III Esposizione Internazionale d’arte della Secessione Romana che, proprio in quell’edizione, vedeva una nutrita presenza al femminile che includeva Fillide (Filli) Giorgi Levasti, Leonetta Cecchi Pieraccini, Deiva De Angelis e Maria Grandinetti Mancuso.