Al Viminale si difendono i “diritti degli armigeri”. Matteo Salvini ci ha messo la faccia e la firma l’11 febbraio all’Hit Show 2018, la vetrina dedicata a caccia, tiro sportivo e «individual protection» ospitata dalla Fiera di Vicenza. Ma è una sponsorizzazione politica di lunga data.

ALL’INAUGURAZIONE della manifestazione con Matteo Marzotto (presidente della Fiera) in platea c’erano Roberto Ciambetti, presidente leghista del consiglio regionale veneto, e Sergio Berlato, ex An da sempre a fianco dei cacciatori. Poi è arrivato in visita elettorale anche Salvini, intervistato dal direttore di Armi e tiro Massimo Vallini: «Non vedo l’ora di dare una mano, togliendo un po’ di tasse e burocrazia. Le armi vanno tolte ai delinquenti, non alle persone per bene che vogliono difendersi. Dopo il 5 marzo la legittima difesa deve tornare a valere, perché non si può ammazzare di burocrazia un italiano che vuole usare le armi». E aveva aggiunto l’idea di ripristinare il servizio militare per “allenare” i giovani.

E RISALE A 5 MESI FA, come riportava ieri Repubblica, l’impegno solenne di Salvini con il Comitato Direttiva 477, l’associazione italiana della lobby delle armi che aderisce a Firearms United in prima linea contro la Ue per imporre invece il “modello Usa” di libero accesso alle armerie. Un documento vincolante in difesa dei «detentori legali di armi, tiratori sportivi, cacciatori e collezionisti», sottoscritto da altri sette leghisti, due candidati di FI e due di FdI. L’ottavo comma del documento recita un vincolo eloquente: «Tutelare prioritariamente il diritto dei cittadini vittime di reati a non essere perseguiti e danneggiati (anche economicamente ) dallo Stato e dai loro stessi aggressori». Tant’è che il disegno di legge della Lega depositato in Commissione Giustizia del Senato è perfettamente in sintonia con le attese: cassa l’attuale articolo 52 del Codice penale e introduce la «presunzione di legittima difesa». Serve da riferimento normativo a «colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario con violenza o minaccia di uso di armi di una o più persone, con violazione di domicilio».

SALVINI DOPO IL TRIONFO elettorale è naturalmente diventato più di un semplice interlocutore. Il 2 giugno Giulio Magnani, presidente del Comitato direttiva 477, scriveva al vice premier leghista: «Abbiamo fin dalla nostra costituzione apprezzato la disponibilità e l’impegno del suo partito a tutela dei detentori legali di armi, dei tiratori e dei cacciatori fino a vedere con gran soddisfazione formalizzato tale impegno mediante il documento che ha sottoscritto a febbraio e siamo sicuri che potremo presto vedere trasposti in fatti concreti gli intenti ivi sintetizzati. I problemi che richiedono di essere affrontati urgentemente sono molteplici, a cominciare dal delicatissimo recepimento della direttiva armi e dalla regolamentazione dei poligoni di tiro privati, così come ovviamente dalla necessaria riforma dell’istituto della legittima difesa, ma confidiamo nella buona volontà del governo e del parlamento nonché nel suo personale impegno al fine di garantire agli italiani leggi giuste e improntate a criteri di razionalità e buonsenso».

UNA VOLTA CONQUISTATA la leadership nell’allora Carroccio, Salvini si è premurato di stringere legami con Conarmi (il Consorzio armaioli italiani) e di interpretare senza scrupoli le attese della lobby delle armi. A Bruxelles (quando c’era…), non ha mancato di protestare per l’opzione europea di regolamentare il settore. E ha esplicitamente “tutelato” nel nome della «legittima difesa» chiunque abbia imbracciato un fucile o sparato con una pistola nel corso di rapine o faccia a faccia con i ladri in casa.

INSOMMA, SALVINI era e resta il politico di riferimento delle 2.500 aziende del settore come dell’oltre un milione di italiani titolari di licenza e porto d’armi. Il 12 giugno, da ministro dell’interno, era in visita alla fabbrica di armi sportive e da caccia Fap-Pietta di Gussago (Brescia). Al suo fianco l’assessora regionale Beccalossi e Stefano Quarena, candidato sindaco leghista sconfitto al ballottaggio.