Tamarrod (ribellione) viene rappresentato dai media mainstream come «di sinistra». È una forzatura o in parte è vero? Un mese fa, quando Morsi era ancora saldamente al potere, abbiamo partecipato in via Mourad (Giza) ad un’affollatissima riunione del Partito dei socialisti rivoluzionari, tra i movimenti più vicini alle ragioni dei lavoratori egiziani, guidato da una figura carismatica e riconosciuta nel mondo come Hossam El-Hamalawi.

Decine di attivisti fermavano automobili in strada per consegnare fogli da firmare per la campagna Tamarrod, ancora agli inizi, che voleva le dimissioni di Morsi. Al tavolo dei relatori sedevano Mahmoud Badr, ora portavoce della campagna, e Mohammed Abdel Aziz, un volto noto tra i giovani protestatari perché ha fatto parte del movimento Kifaya! (Basta) che chiedeva a Mubarak di non ricandidarsi per un sesto mandato nel 2005. L’episodio può far pensare ad una relazione diretta tra Tamarrod e movimenti della sinistra egiziana, prima del colpo di stato del 3 luglio scorso. Eppure riunioni simili si registravano anche nei quartieri della classe media agiata di Mohandessin o presso le sedi dei partiti liberali e secolari.

Bisogna chiarire che Tamarrod è una campagna di raccolta firme, non un partito politico, ha cementato l’entusiasmo di centinaia di giovani e ha ottenuto l’incredibile risultato di evidenziare l’estesa opposizione alla leadership dei Fratelli musulmani. Non solo, ha rimescolato le carte tra i giovani rivoluzionari, restituendo respiro ad un movimento informale, che sembrava destinato alla marginalizzazione. A conferma del successo dell’iniziativa, con l’imponente contestazione del 30 giugno scorso, sul treno di Tamarrod sono salite le opposizioni laiche del Fronte di salvezza nazionale e i socialisti del Tagammu. Ma, con il colpo di stato del 3 luglio 2013 qualcosa è andato storto. I Tamarrod hanno insistito sostenendo che non fosse in corso un golpe e così hanno perso per strada quella definizione di sinistra, rilanciata così efficacemente dai media.

«Prima del 3 luglio, lavoravamo con Tamarrod, ora facciamo solo parte del coordinamento che unisce le componenti della campagna», spiega al manifesto, Hesham Foad, dirigente del Partito dei socialista rivoluzionari. Hanno rivisto il loro sostegno a Tamarrod anche molti attivisti del movimento «6 aprile», nato a difesa dei diritti dei lavoratori. «I Tamarrod vogliono che l’esercito abbia un ruolo politico e non bocciano la possibilità che si formi un Consiglio nazionale di ufficiali. Noi invece siamo completamente contrari alla commistione tra politica ed esercito», aggiunge Hesham. E va anche oltre: «Non permetteremo che la Costituzione sia scritta da un manipolo di tecnocrati, vogliamo una nuova assemblea costituente eletta. E non procedure affrettate in sei mesi come previsto fin qui».

Su questo concorda l’attivista socialista Mahiennour El-Masri, una delle più accanite esponenti della raccolta firme ad Alessandria, ma è ancora cauta sul tema della manipolazione di Tamarrod avviata dall’esercito. «Stanno dirottando le intenzioni di Tamarrod. Non abbiamo mai aderito completamente alla loro ideologia politica, sono dei riformisti, nazionalisti e nasseristi, più che socialisti», dichiara Mahi. E così, come spiegava in un’intervista al Manifesto apparsa lo scorso sabato il blogger Wael Abbas, molti attivisti arrivano a sottolineare perfino le connivenze tra Tamarrod e i Servizi segreti (Mukarbarat).

«La campagna è iniziata lentamente, il giorno del suo boom c’è stato in occasione dell’anniversario dell’elezione di Morsi, l’ordine dei militari è stato quello di far apparire continuamente alla tv di Stato giovani della campagna per creare il clima necessario per il loro intervento, mentre uomini dell’Intelligence erano dovunque per le strade delle città egiziane», rivela Mahiennour. Ora, è qui opinione diffusa, i Tamarrod rischiano di essere di nuovo marginalizzati, come era successo con i loro predecessori, la Coalizione dei giovani rivoluzionari, per la manifesta connivenza con i militari golpisti e un odio intrinseco verso i Fratelli musulmani.