Il tramonto della carta stampata, il downsizing degli impiegati di una compagnia, servizi per cuori solitari online e molto narcisismo: Ben Stiller (interprete e regista) «attualizza» ai giorni nostri uno dei classici dell’umorismo Usa, The Secret Life of Walter Mitty, in cui un grigio signore del New Jersey, schiavizzato dalla moglie, si immagina protagonista di imprese eroiche (pilota di guerra, chirurgo, persino killer..) mentre la accompagna dal parrucchiere.

Pubblicato per la prima volta il 18 marzo del 1939 sul settimanale New Yorker, ripreso in moltissime collezioni di racconti celebri, il breve testo di James Thurber (2 pagine e mezzo di folgorante satira modernista) era diventato, in un adattamento molto libero, un musical con Danny Kaye (diretto in Technicolor da Norman McLeod, nel 1947) e, negli anni, Walter Mitty è entrato a far parte della cultura popolare, una figura retorica ricorrente, descritta sull’American Heritage Dictionary come «una persona ordinaria, spesso inetta, che si perde in fantasie di trionfo personale».

È dal 1994 che Samuel Goldwyn (produttore del primo film, da cui Thurber prese le distanze) sogna un remake. Da allora si è parlato di Jim Carrey, Owen Wilson, Mike Mayers, Johnny Depp e Sacha Baron Cohen come possibili protagonisti, di Steven Spielberg, Ron Howard e Gore Verbinski alla regia. Il film è quindi il risultato di una gimcana di quasi dieci anni che ha coinvolto, oltre i nomi di sopra numerosi sceneggiatori diversi e, prima di arrivare alla Fox, almeno altri tre studios –Walt Disney, Paramount e New Line.

Alla fine, il marchio autoriale di questo nuovo, iperpatinato, edificante, I sogni segreti di Walter Mitty non è quello di Thurber e nemmeno quello di Ben Stiller regista (era lui dietro alle ossessioni dark di Il rompiscatole, alla satira esplosiva di Tropic Thunder, alle iperboli di ridicolo in Zoolander) bensì lo sceneggiatore Steven Conrad. Chi si ricorda il film tratto da un altro dei suoi copioni, La ricerca della felicità con Will Smith, riconoscerà il tocco di Conrad in quest’interpretazione lineare di Mitty in cui il surrealismo e la satira sociale della premessa cedono il posto a una lettura più banale, in cui le sequenze di fantasia sono usate in progressione decrescente, mano a mano che Walter «trova se stesso» come se stesse sottoponendosi a un trattamento di self help.

Stiller – troppo abbbronzato, con l’occhio azzurro e scattante per il travet che dovrebbe incarnare- è l’addetto ai negativi della rivista LIFE. Il suo un lavoro in estinzione (nessuno fotografa più in pellicola) in un’industria in via di estinzione (nella realtà, LIFE ha smesso le pubblicazioni nel 2000). Perdutamente inamorato di una collega (Kristin Wiig), da casa Walter cerca di contattarla attraverso il sito e Harmony (ma lui ha il profilo più noioso del mondo). Quando la incontra nei corridoi dell’ufficio molto stile Mad Men, sogna a occhi aperti di scalare l’Himalaya per impressionarla. Fino a che le sue fantasie sono costrette dagli eventi a trasformarsi in realtà: la rivista sta per chiudere, finita in mano a un ignorante, barbuto arrivista (Adam Scott) contro cui Walter sogna un feroce duello di surf tra le strade di Manhattan, su tavole non di resina ma d’asfalto.

Quando si scopre che il negativo della foto di copertina dell’ultimo numero è scomparso, per ritrovarlo, Mitty si mette sulle tracce del fotografo Sean O’ Connell (Sean Penn, in una buffa presa in giro di se stesso) e finisce inghiottito in avventure che sembrano idee promozionali per un depliant di vacanze col brivido: «nuotando con gli squali in Groenlandia», «l vulcani d’Islanda a bordo di uno skateboard», «in Afghanistan con i warloards” e «sull’Himalaya giocando a pallone con gli sherpa».

In effetti, le manie di grandezza di questo Walter Mitty del terzo millennio sono molto addomesticate, al servizio di una storia che diventa presto una commedia romantica newyorkese alla C’è posta per te. Addomesticata anche Kristin Wiig, grandissima ex di Saturday Night Live, e intenibile amica della sposa in Le amiche della sposa, qui costretta in un ruolo simpatico e insipido. Persino Shirley McLaine, nella parte della madre di Walter, è in sordina, una scelta di casting pregiato buttata al vento.

Stiller è in genere un autore, e un attore, molto più interessante di così.