Si comincia a far sul serio. Psoe e Unidos Podemos creano uno spazio permanente di lavoro, una corsia preferenziale tra i due partiti. Due ore di riunione, le foto di rito con Sánchez ed Iglesias sorridenti che si stringono la mano. Si tratta di individuare un percorso comune verso un governo alternativo alle destre. Un incontro con luci ed ombre. Positiva è la consapevolezza comune che se non si raggiungesse l’unità fra le due forze della sinistra spagnola, non solo si frustrerebbe l’ondata di entusiasmo che la vittoria di Sánchez nelle primarie socialiste ha seminato, ma si toglierebbe per un lungo periodo anche la credibilità di una alternativa che soddisfi le aspettative di cambiamento. Altrettanto importante è l’intesa su una agenda sociale fatta di pensioni, sanità, scuola, reddito minimo, sostegno alla piattaforma dei sindacati, con cui incalzare il governo del Partito Popolare e di Ciudadanos, che con l’approvazione del tetto di spesa si prepara a scaricare su spagnole/i una ondata di tagli e sacrifici a senso unico.

E poi le note dolenti. Non c’è ancora traccia di un lavoro comune su due grandi questioni: il cambio climatico e il fenomeno migratorio. L’assenza di risposte dell’attuale governo, non permette una navigazione tranquilla a chi vuole una alternativa. La Spagna, senza un modello energetico capace di ridurre i consumi e alimentato da fonti di energia rinnovabili, è molto esposta alle conseguenze del riscaldamento globale: dai dati dell’ultimo rapporto sul clima dell’Ipcc, circa 80% del territorio spagnolo potrebbe desertificarsi nei prossimi 80 anni. Il fenomeno migratorio in atto diventerà sempre più ingovernabile quando le persone costrette a lasciare le proprie terre per mancanza di acqua o lo scatenarsi di eventi estremi si aggiungeranno a chi fugge per le guerre.

E in sospeso è la questione catalana. I due partiti, come già si sapeva, non hanno una intesa per risolvere la situazione politica tra Catalogna e Stato. La proposta socialista di creare una commissione per la riforma costituzionale non è convincente, non ha né il tempo, né la credibilità necessaria per dare voce, prima del referendum indetto per il 1 ottobre, al vasto fronte non indipendentista, ma che reclama il diritto a decidere. Quel diritto a decidere appoggiato da Unidos Podemos per una Spagna «unione di nazioni». La sfida delle sfide resta, ma alcuni passi sono stati fatti anche per sconfiggere i molti nemici che in entrambe le formazioni si annidano. Le tentazioni all’autosufficienza sono il vero pericolo, soprattutto in casa socialista. Lo chiamano «effetto Sánchez» e alimenta l’idea che non serve unirsi a Podemos per garantire una alternativa a Rajoy.

Un recente sondaggio dell’istituto demoscopico Jm&A per il portale di informazione Publico.es, catapulta il Psoe e lo colloca a meno di un milione di voti dal Partito Popolare in una futura tornata elettorale. Anche l’ipotetico elettorato sembra apprezzare la nuova rotta del Psoe, confermandolo come il secondo partito di Spagna, molto a ridosso del Pp, che invece perde un milione di voti e non avrebbe la possibilità di formare ancora una volta un governo. La svolta a sinistra dei socialisti, confermata dal voto contrario sia sul trattato Ceta che sul tetto di spesa, ha rimesso in moto la propensione al cambiamento di una parte maggioritaria di spagnole/i.

C’è un dato nel sondaggio che dovrebbe aiutare il percorso unitario e cioè che gran parte dei voti recuperati dal nuovo Psoe è di persone con oltre 57 anni d età. Quindi i socialisti si riprendono una parte del loro elettorato, temporaneamente trasferitosi in Unidos-Podemos per ribellarsi alla decisione di astenersi che ha permesso a Rajoy di tornare a governare, mentre Unidos-Podemos continua a essere l’unica forza che può rappresentare quel voto giovanile scaturito dal movimento 15M degli indignati e dalle forze sociali antagoniste. Unire in un blocco alternativo queste due realtà sociali evitando la tentazione dell’autosufficienza è la posta in gioco, sia per il nuovo Psoe di Sánchez che per Unidos Podemos. Come affronteranno i due partiti le prossime scadenze chiarirà se il punto di incontro può funzionare, se lo spazio di lavoro comune porterà Rajoy e il suo partito, il più corrotto d’Europa, fuori dal governo.