«Sulla Diciotti il governo non rischia, ogni decisione è stata presa collegialmente». Sul caso che fa camminare l’esecutivo gialloverde sull’orlo di una possibile crisi, il premier Giuseppe Conte blinda il ministro degli Interni Matteo Salvini e i 5 stelle si allineano. A ripercorrere però i giorni di agosto 2018 in cui la nave della Guardia costiera italiana venne tenuta bloccata prima all’esterno e poi nel porto di Catania in attesa del via libera per lo sbarco dei 117 migranti – tra i quali anche 20 bambini, salvati il 14 agosto in acque Sar (ricerca e salvataggio) maltesi – è facile rendersi conto di come, dietro l’ufficialità delle dichiarazioni compatte soprattutto nell’attaccare l’Unione europea, i grillini abbiano fatto una serie di importanti distinguo nei confronti dell’alleato leghista. Quando non si sono avute vere e proprie prese di distanza e decisioni contrarie alle linea imposta dal Viminale. A partire da quando, alle 16,50 del 20 agosto, il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, in contrapposizione a quanto detto fino a quel momento da Salvini, autorizza l’ingresso nel porto di Catania della nave Diciotti e rivendica l’operato dei militari. «I valorosi uomini della Guardia costiera hanno fatto il loro dovere salvando vite umane a soli 17 miglia da Lampedusa» specificò allora il ministro, sottolineando con quell’aggettivo «valorosi» la presa di distanza dagli attacchi che Salvini rivolgeva alla Guardia costiera.

Ma per capire il clima di quei giorni di agosto, occorre riavvolgere il film fino all’11 luglio quando sempre la nave Diciotti si rende suo malgrado protagonista di un altro caso dopo aver recuperato – in seguito a un presunto ammutinamento – 66 migranti da bordo del rimorchiatore Vos Thalassa che li aveva salvati nel Mediterraneo. Per la prima volta Toninelli decide di far attraccare la nave contrapponendosi alla linea dura dei porti chiusi inaugurata dal titolare del Viminale deciso a non autorizzare nessuno sbarco: «Se qualcuno lo fa al posto mio, – sottolinea nell’occasione Salvini – se ne assumerà la responsabilità politica».

Una posizione che suscita parecchio malumore tra i 5 stelle. Come dimostrano le parole del ministro della Difesa Elisabetta Trenta che, in un’intervista rilasciata l’11 luglio al quotidiano Avvenire, attacca tutta la linea anti-migranti e anti-ong di Salvini, compresa la scelta di chiudere i porti: «L’Italia non si volta dall’altra parte», assicura il ministro al giornale dei vescovi ricordando l’importanza del «diritto di assicurare un asilo a chi fugge dalla guerra. Il diritto ad arrivare e trovare un lavoro». «Ho guardato cento volte le foto dei migranti – prosegue Trenta – e ho pensato sempre una cosa: una famiglia che mette un figlio su un barcone sperando di dargli un vita migliore va solo aiutata». E sulle ong non potrebbe essere più chiara: «Dico basta a un’eccessiva demonizzazione che non mi convince e non mi piace».

La sera stessa è lo stesso capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio, intervenendo su La7, a definire «non immaginabile chiudere l’ingresso a una nave italiana», spingendosi fino a chiedere l’apertura dei porti anche alle ong che rispettano le regole. Secca e scontata la replica del leader della Lega: «No. I porti italiani sono aperti alle navi delle autorità italiane, non ad altri». E’ stato poi il presidente dell Repubblica Sergio Mattarella a sbloccare la situazione intervenendo direttamente con il premier Conte.

Se davvero Salvini avesse consentito lo sbarco almeno dalle navi delle autorità italiane, ci saremmo probabilmente risparmiati il secondo caso Diciotti, quello che oggi fa tremare il governo. Alla decisione di aprire il porto di Catania presa da Toninelli il 20 agosto, fonti del Viminale replicarono facendo sapere lo stesso giorno che «il ministro Matteo Salvini non ha dato né darà alcuna autorizzazione all’attracco di nave Diciotti finché non avrà certezza che i 177 migranti a bordo andranno altrove». Rispetto a luglio, le reazioni dei 5 Stelle furono decisamente più sfumate, ma non mancarono. Come la difesa che il ministro per il Mezzogiorno Barbara Lezzi fa del presidente della Camera Roberto Fico definito da Salvini come una persona che «ogni tanto dice e fa l’esatto contrario di altri esponenti M5S». «Nessuno deve impartire lezioni alla terza carica dello Stato», è la risposta secca della ministra, Ancora una volta, però, spetta a Elisabetta Trenta intervenire. Il ministro o fa il 25 agosto ricordando su Facebook di aver proposto di candidare «al premio Nobel per Pace la Marina e tutte le sue componenti che, in questi anni, hanno partecipato al salvataggio di vite umane garantendola sicurezza collettiva e il rispetto del diritto internazionale». Fino al 27 agosto quando, saputo dell’inchiesta aperta dalla procura di Agrigento, Di Maio comincia a tracciare la linea del Movimento: «L’indagine è un atto dovuto perché le decisioni prese a proposito della Diciotti facevano capo al Viminale. Ma le scelte del governo sono state condivise». Una condivisione politica delle scelte del Viminale, che allora suonava però anche come una presa di distanza da eventuali responsabilità giudiziarie.