Anche la «grande Storia» ne ha attraversato gli ampi saloni, le stanze personalizzate, la spiaggia esclusiva e le piscine collegate da scale di pietra – buen retiro di Winston Churchill negli anni Venti, spazio aperto alla Resistenza che nella regione combatteva i nazisti e il regime di Vichy durante la Seconda guerra mondiale, luogo d’elezione per il principe Aly Khan che negli anni Cinquanta diverrà ambasciatore del Pakistan, da poco indipendente dall’India, presso l’Onu -, ma è a quel che si potrebbe definire come il «mito» della Costa Azzurra che il Chateau de l’Horizon ha legato per sempre il proprio nome.

Costruita su una stretta striscia di terra rocciosa affacciata sul mare nei pressi di Antibes dall’architetto Barry Dierks, questa splendida villa bianca in stile art déco, soprattutto per iniziativa dell’americana Maxine Elliott, un’artista che aveva ereditato un cospicuo patrimonio, divenne dalla metà degli anni Venti una tappa fissa delle vacanze del jet set internazionale. Vi soggiornarono via via aristocratici e statisti ma anche pittori, scrittori, artisti e star del cinema come, tra gli altri, Pablo Picasso, Paul Robeson, Cole Porter, Dorothy Parker, Jean Cocteau, Scott e Zelda Fitzgerald, Errol Flynn e Rita Hayworth.

Una vicenda, quella dello Chateau de l’Horizon, dei suoi illustri ospiti, ma soprattutto del mondo che incarnò negli anni tra le guerra mondiali, indagata dalla storica britannica Mary S. Lovell, già autrice di numerose biografie, tra cui quelle delle pioniere dell’aviazione Beryl Markham e Amelia Earhart, della spia degli anni Quaranta Amy Elizabeth Thorpe o delle celebri sorelle Mitford, in Côte d’Azur (Neri Pozza, pp. 362, euro 22, traduzione di Maddalena Togliani).

Nel suo lavoro si è occupata principalmente di donne che hanno anticipato i tempi e vissuto da protagoniste le epoche che hanno attraversato. Una galleria di figure che ci invita a riflettere sul ruolo innovativo e spesso sottovalutato delle donne nella Storia?
Sono sempre stata attratta dalle persone che hanno fatto sì che la loro vita potesse contare qualcosa anche per gli altri. Ho scritto anche di figure maschili ma devo ammettere che riesco a raccontare meglio cosa motiva le donne, cosa le spinge ad agire. Alcuni dei personaggi femminili di cui mi sono occupata hanno vissuto vere e proprie avventure in Africa come in Asia, e questo in un’epoca nella quale il semplice fatto di viaggiare era considerato avventuroso anche per gli uomini. Erano persone eccezionali che apparentemente ignoravano le difficoltà pratiche come se neanche esistessero. Avevano la mente aperta e il mondo non aveva muri per loro. Perlopiù erano borghesi o aristocratiche, perché la povertà e la mancanza di istruzione erano nemiche, allora come oggi, della libertà. In altri casi ho trattato di figure che non avevano messo in gioco i loro corpi viaggiando per mezzo mondo, ma che come le sorelle Mitford, Wallis Simpson o Rita Hayworth, hanno svolto un ruolo decisivo in una realtà già dominata dai media, dalle celebrità e dal divismo. Possono aver cambiato anche loro il corso della Storia, ma soprattutto per il modo in cui gli uomini che detenevano il potere le hanno ascoltate e vi si sono ispirati nel prendere importanti decisioni.

Alla base del suo nuovo libro non c’è però solo la figura di una donna, Maxine Elliott, ma anche quella di un edificio: lo Chateau de l’Horizon, la splendida villa che questa ex attrice americana fece costruire tra Cannes e Antibes e che ha svolto un ruolo determinante nello sviluppo del «mito» della Costa Azzurra.
Nel Novecento i media hanno contribuito non solo a raccontare ma anche a cambiare il mondo. Negli anni ’30, quando il delizioso Chateau de l’Horizon di Maxine Elliott ospitava scrittori, artisti e personaggi noti provenienti dall’Europa come dagli Stati Uniti, i resoconti su chi vi soggiornava, delle feste e degli eventi che vi si svolgevano erano materia per i sogni della gente comune, appartenente alla classe media come alla classe operaia, che divorava quelle storie riportate ogni settimana sulle riviste illustrate o che catturava rapidi scorci in bianco e nero delle medesime «stelle» nei cinegiornali Pathé proiettati nelle sale prima dei film. Il pensiero di saltare su un aereo o sul Train Bleu – che collegava Calais, e l’Inghilterra, alla costa mediterranea, ndr – era al di là dei sogni più sfrenati di quasi tutti, tranne che dei più ricchi. Eppure, malgrado non fosse l’unico luogo del genere in quella zona, anche solo grazie ai festeggiamenti che vi si svolsero nel maggio del 1949 per il matrimonio tra Rita Hayworth e il principe Aly Khan, divenne parte integrante del mito degli anni d’oro della Costa Azzurra.

Nella stagione che descrive, i frequentatori di quei luoghi costituivano una sorta di mondo a parte. Eppure si tratta di un’epoca che sembra dotata di un fascino imperituro che non a caso alimenta ancora la letteratura e il cinema. Perché?
Questo stile di vita edonistico era così lontano da quello delle famiglie dei lavoratori che l’essere in qualche modo irraggiungibile l’ha trasformato in un mondo onirico fatto di glamour ed eccessi. Oggi che quasi tutti possono permettersi una vacanza nella zona, anche se solo sfiorando i super ricchi, le loro ville sontuose o gli enormi yacht, in Costa Azzurra gli aristocratici e gli artisti di un tempo sono stati rimpiazzati dagli sceicchi del petrolio, dagli oligarchi russi e dai capi della mafia cinese. Le differenze sociali restano incolmabili, ma del «mito» non c’è più traccia.