Con la fine di luglio si chiude anche il grande festival dell’opera di Monaco di Baviera, che quest’anno ha presentato anche una nuova produzione di Oberon di Carl Maria von Weber (1786-1826) , fra le più felici creazioni musicali del compositore tedesco, nonché suo canto del cigno.
Weber, la cui salute era già minata dalla tisi, sovrintese alla creazione londinese del 1826, immergendosi nello studio della lingua inglese, ma si spense due mesi dopo la prima. L’opera conobbe poi un’affermazione nella versione tedesca e anche nella versione ritmica italiana.

La rarità della presenza dell’Oberon sulle scene teatrali, incluse quelle austro-tedesche, si deve al carattere impervio delle due parti principale di tenore, Huon, e di soprano, Rezia ( la grande scena del soprano, Ozean du Ungerheuer è amatissima dai soprani drammatici), ma anche alla debolezza della struttura drammaturgica. Ispirata al modello del Flauto Magico, con la coppia principale che deve superare ardue prove per coronare il proprio amore, il libretto integra il poema tedesco Oberon di Wieland con il Sogno Shakespeariano e una serie di fonti medioevali.

A Monaco, rappresentata negli spazi più intimi del Prinzergentheater, Oberon era affidato al giovane regista Nikolaus Habjan, che proviene dal teatro di figura e che ha impostato la ricomposizione della lite fra Oberon e Titania a patto del rinvenimento da parte del primo di una coppia di veri amanti fedeli, esagerando il tratto comico grottesco del singspiel. Partendo dai famosi esperimenti di relazioni affettive di Harlow, realizzati sulle scimmie, le peripezie di Huon e Rezia, e della coppia minore di scudiero e dama di compagnia Sherasmin e Fatime, si svolgono in un laboratorio che ricorda la fantascienza anni cinquanta e anche le mattane del film Il magnifico scherzo di Howard Hawks.

Con un elegante gioco scenografico di silhouettes, luci , teli e con la presenza fondamentale di maschere e marionette ( scene di Jakob Brossmann) venivano evocate le città di Bagdad e Tunisi, la tempesta di mare, la spiaggia dei naufraghi, l’arrivo dei pirati, le battaglie e l’harem. Tutta una fantasia che lo scienziato Oberon ingenera in una coppia scelta nel pubblico, tramutata in Huon e Rezia ( notevoli cambiamenti nei dialoghi) a suon di punture ipnotiche o eccitanti. Il gioco funziona ma somiglia a una pochade, divertente ma poco efficace nel raccontare l’anima romantica dell’opera di Weber.

La fenomenale ricchezza coloristica della partitura, sia nel dipingere paesaggi e fenomeni naturali che le emozioni dei personaggi era resa stupendamente da Ivor Bolton e dall’orchestra, con i corni naturali e i ranghi ridotti.

Davvero impagabile il sestetto dei protagonisti: Annette Dasch, Rezia di voce doviziosa, in scena ricordava una specie di Kathleen Turner, divertente e divertitissima. Peso vocale più leggero, il tenore Brenden Gunnell ha classe e acuti di livello e un’innata verve teatrale. Ottimamente cantate le parti di Oberon, Julius Pregardien, e di Titania, Alyona Abramowa, come anche ottimamente a fuoco lo Scherasmin di Johannes Kammler e la Fatime di Rachel Wilson. Teatro pienissimo con pubblico plaudente e deliziato.