Non sempre i sogni d’artista vengono raccontati utilizzando materiali leggeri. Sogni che a volte fanno più pensare ad un sonno materico e pesante come la molle ma poderosa testa dipinta da Salvador Dali nel 1929. L’onirico non porta sempre all’etereo, è quello che suggeriscono le opere di Krzysztof Bednarski protagonista della personale Karl Marx vs Moby Dick: An Analysis of Form and Demolition of Ideas, curata da Achille Bonito Oliva per il museo d’arte contemporanea di Cracovia Mocak (fino al 24 marzo 2019).

Ex-collaboratore di Jerzy Grotowski per il quale ha realizzato numerose locandine dei suoi spettacoli, Bednarski continua a riflettere sulle forme madri della propria produzione. Da un lato la testa del filosofo tedesco scelta da Bednarski nel 1978 per il suo diploma all’Accademia di belle arti di Varsavia, dall’altro la balena melvilliana che l’autore aveva immaginato di trovare nella sagoma di un scafo incontrato per caso dieci anni dopo sulle rive della Vistola. Una riflessione già portata avanti su un altro cavallo di battaglia dello scultore polacco emigrato a Roma negli anni ottanta e al quale l’Istituto Polacco di Roma si appresta a dedicare una retrospettiva: la scultura Victoria Victoria (1983) mano gigante di marmo con le dita a V mozzate, rievoca la repressione del sindacato polacco Solidarnosc negli anni bui della legge marziale.

Nella versione del 2006 esposta l’anno scorso al Castello Ujazdowski alla collettiva «tarda polonicità» le punte delle dita sono rispuntate ma soltanto proiettate su uno schermo, quasi a suggerire una vittoria apparente della società polacca post-comunista. Al Mocak le punte recise delle dita sono invece riproposte su un tavolo in un ambiente rosso di gusto kosuthiano con sullo sfondo un’immagine della scultura originale. Non che Bednarski sia un nostalgico dei tempi andati, anzi. Le sue teste infatti non denotano alcuna saudade per il marxismo. Spesso Bednarski le accumula in modo disordinato per formare dei totem seriali che non rimandano alla pop art. Ogni volta che l’artista moltiplica lo fa sempre modificando almeno sul piano dei materiali impiegati. A volte, si tratta di una pratica derisoria come quando il «cranio illustre» è attraversato dalle lame di pattini da ghiaccio o ridotto a porta bicchieri di resina colorata. Bednarski è un po’ come un giocattolaio che distrugge i suoi balocchi per poi ricomporli in forme sempre nuove. Procedimento infantile controbilanciato dalla gravitas e dalla solennità dei materiali impiegati: bronzo patinato, marmo o altri minerali duri che attestano la classicità di un scultore apprezzato forse più all’estero che in patria (si veda anche il caso di quel Igor Mitoraj, studente di Tadeusz Kantor). Un approccio che sembra trovare una conferma anche in altre committenze ricevute da Bednarski nel corso degli anni.

La lapide rubata e poi ritrovata per la tomba di Krzysztof Kieslowski nel cimitero Powazki a Varsavia mostra due mani di bronzo con i pollici e gli indici uniti tra loro a voler suggerire un’inquadratura. Una realizzazione che potrebbe passare per realismo socialista se non fosse che tale progetto è stato realizzato negli anni novanta.
Forte del sodalizio intellettuale con Tonino Guerra, Bednarski ha anche realizzato la scultura Incontro con Fellini. Si tratta di una sagoma di bronzo che proietta al suolo in alcuni momenti della giornata, sole permettendo, un’ombra vagamente caricaturale del regista. E felliniano è anche il motivo di Moby Dick riproposto al Mocak in numerose declinazioni materiche e formali, relitto enorme che sembra evocare il mostro marino incommensurabile, indicibile ed indescrivibile del finale di 8 e mezzo. Lo ritroviamo nelle interpretazioni più piccole della forma Moby Dick, appese al muro che rievocano la passione primonovecentesca di alcuni artisti per le maschere africane ed oceaniche. La balena-rostro diventa vagina, sottomarino o relitto bellico a seconda dei casi.
Paradossalmente è proprio grazie a questo oggetto trovato, «relitto grave» scomposto e riplasmato a proprio piacimento che l’opera del giocattolaio-Bednarski ritrova una sorprendente leggerezza e oniricità.