Si è allargato quest’anno il complesso degli spettacoli nei luoghi più significativi del patrimonio artistico del Lazio. Sotto il nome di Art City, l’intera regione è stata attraversata da molti titoli e artisti, popolari ma senza alcun livellamento «al basso» della qualità. Anzi, anche davanti alle forme più sperimentali, gli spettatori hanno risposto in gran numero. Un risultato che taglia sul nascere le polemiche sulla «conservazione e tutela» di quel patrimonio, che poi magari cade a pezzi quando è preservato fin quasi alla secretazione, o all’uso più sfacciatamente privato. Successo significativo per la manifestazione curata da Anna Selvi con la sovrintendente Edith Gabrielli. Spesso anzi, le pietre più antiche e i nuovi linguaggi trovano modo non solo di coniugarsi, ma di accrescere reciprocamente la propria forza. Un solo nome a titolo di esempio. Nella villa di Tiberio, Emio Greco ha ripreso una creazione sua e di Pieter Scholten, Double points: Hell. Eppure dà ancora un brivido la danzatrice dalla candida tenuta (Maria Ribas), misurarsi con quella sua ombra nera senza volto: sorta di doppio negativo, seduttivo e minaccioso, un incubo danzato e danzante, che in quella location moltiplica nella storia le proprie valenze.