Sono le 21,05 Alexis Tsipras quando fa la sua prima apparizione da Presidente del consiglio in pectore in piazza Koumoundourou, nel popolarissimo quartiere di Psiri. Sfoggia un gran sorriso, saluta la folla in tripudio e si infila nel quartier generale di Syriza. La felicità è data dalle prime proiezioni, che sembrano poter dare alla coalizione della sinistra radicale quella maggioranza assoluta che il suo leader aveva chiesto dal palco di piazza Omonia, giovedì sera «per avere più forza in Grecia e in Europa».

Ma di Alexis Tsipras, a quell’ora, parlava solo il volto. Che avesse vinto in maniera clamorosa era chiaro, e lo sarebbe stato ancora di più nelle ore successive, ma bisognava attendere per capire se dalle urne fosse venuta fuori la possibilità di un governo monocolore.

Per scendere in piazza bisognava dunque aspettare qualcosa in più di un exit poll che assegnava alla coalizione della sinistra radicale la vittoria entro una forchetta tra il 35 e il 39,5 per cento e anche della prima proiezione che invece le garantiva il 36,5 per cento e 150 seggi, giusto la metà del nuovo Parlamento (ma nelle ore successive dati e numeri di seggi si manterranno poco al di sotto della soglia). Il nodo da sciogliere, a quel punto, era solo uno: ce la farà Tsipras a ottenere la maggioranza più uno dei seggi o da lunedì dovrà andare alla ricerca delle alleanze per governare? Con un risultato così in bilico la cautela, a quell’ora, era d’obbligo.

L’unico segnale di un entusiasmo che si faceva fatica a contenere è arrivato su Twitter, dove lo slogan che ha segnato la campagna elettorale di Tsipras, «la speranza sta arrivando», è stato immediatamente modificato in un incontestabile «la speranza ha vinto». Nella sede di piazza Koumoundouru, la prima telefonata Tsipras l’ha ricevuta dal premier uscente Antonis Samaras, che ha ammesso la sconfitta e gli ha fatto le congratulazioni prima di convocare una conferenza stampa in cui ha annunciato le sue dimissioni. Poi ha atteso che si chiarissero i contorni della vittoria.

A parlare erano invece altri leader politici, come George Papandreou, che rischia di esser il grande sconfitto di questa tornata elettorale. L’ex premier socialista che si era dimesso dopo che l’Europa gli aveva sostanzialmente impedito di tenere il referendum sul piano di austerità imposto dalla troika, figlio del primo presidente della Repubblica dopo la dittatura dei colonnelli e uscito dal Pasok alla vigilia del voto nella speranza di poter fare l’ago della bilancia in caso di una vittoria relativa di Syriza, rischia di non entrare in Parlamento (la sua neonata formazione Kinima oscilla poco sotto la soglia minima del tre per cento). Ma lui ha voluto insistere: «Nessun partito, anche con la maggioranza, può affrontare l’attuale situazione da solo». Aggiungendo poi, forse memore di quanto accadutogli appena tre anni fa, che «la decisione dei cittadini dev’essere rispettata, qui e all’estero». L’ago della bilancia a questo punto potrebbe invece essere il partito di centrosinistra To Potami (Il fiume), fondato dal presentatore televisivo Stavros Theodorakis, dalle posizioni decisamente europeiste.

In attesa dell’annunciato discorso del leader, da Syriza arrivavano invece altre voci, come quella della deputata Nadia Valavani, che ha messo le mani avanti ricordando come «abbiamo detto sin dall’inizio della campagna elettorale che cercheremo il consenso più ampio possibile per metter fine all’era dei Memorandum. Syriza può essere il nucleo, e ha bisogno di essere sostenuto dalle forze che vogliono la stessa cosa». In effetti, era stato lo stesso Tsipras, ancora venerdì, a dire che anche in caso di vittoria con una maggioranza assoluta avrebbe cercato un consenso più ampio e si sarebbe rivolto a tutte le forze parlamentari, conscio del compito a dir poco arduo che lo aspetterebbe, in ogni caso, in Grecia come in Europa, com’è testimoniato dalle dichiarazioni del presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che un minuto dopo il primo exit poll e alla vigilia dell’Eurogruppo di oggi ha dichiarato che «la Grecia deve aderire alle condizioni del salvataggio» e che «è nell’interesse del governo greco fare le riforme necessarie per risolvere i suoi problemi strutturali». A Weidmann rispondeva indirettamente Giannis Milios, economista di Syriza: «Il programma concordato da Samaras (il primo ministro uscente, ndr) è ormai morto. È una vittoria storica per il popolo greco, un cambio di pagina per tutta l’Europa». Cosa andrà a dire oggi il dimissionario governo Samaras all’Eurogruppo?

Annunciato dopo le prime proiezioni delle 21,30, il bagno di folla di Tsipras, nella piazza della biblioteca nazionale dove in un clima di festa migliaia di persone attendevano il discorso del vincitore, è stato rimandato in attesa che si chiarisse la situazione. Largo alla festa, dunque, ma per ascoltare l’uomo con il quale l’Europa, e tutte le sinistre, non potranno fare a meno da oggi in poi di confrontarsi, bisognerà aspettare nella notte. Ma l’attesa non ha pregiudicato la festa per un successo storico per la sinistra greca.