Il presidente cinese effettuerà la sua prima visita di stato in Corea del Nord giovedì e venerdì. Dopo 14 anni – nel 2005 toccò a Hu Jintao incontrare il «caro leader» Kim Jong-il padre di Kim Jong-un – un presidente cinese torna in Corea del Nord. Xi era già stato a Pyongyang, ma era accaduto nel 2008 e in veste di vice presidente; prima di lui e Hu Jintao era toccato a Deng e Jiang Zemin (due volte). La visita di Xi arriva dopo sei anni dal suo arrivo al vertice della Repubblica popolare e dopo diversi incontri con il giovane leader nordcoreano a Pechino (a smentire una non troppo presunta antipatia o meglio diffidenza tra i due), intercorsi nell’ultimo anno a causa delle trattative tra Corea e Usa per la gestione dell’arsenale nucleare di Kim. Dopo lo storico summit di Singapore e poi quello di Hanoi tra Kim e Trump tutto è però parso fermarsi.

Il viaggio di Xi arriva nel 70° anniversario della relazioni tra i due paesi ma ci vuole poco a capire come la tempistica di questo evento non sia casuale per ben altri fattori: poco dopo l’incontro tra Kim e Xi, in Giappone ci sarà il G20 ed è previsto – ma non è ancora confermato – che Xi incontri Trump. Dopo il G20 quest’ultimo andrà in Corea del Sud. A non pensar male, dunque, la visita di Xi sembrerebbe essere una delle pedine sulla scacchiera di un rinnovato attivismo diplomatico sulle sorti della penisola coreana. Ma a influenzare questo scenario ottimistico c’è naturalmente il duello commerciale sempre più teso tra Cina e Usa: ci si chiede allora se Xi andrà a Pyongyang per strappare una nuova predisposizione al negoziato di Kim, da offrire a Trump, o se Xi andrà a Pyongyang per dimostrare a Trump che da quelle parti comanda ancora lui.

Di sicuro Xi porterà sostegno a Kim e al suo regno (ma non in cambio di niente: la Cina potrebbe chiedere a Pyongyang qualche concessione in un’eventuale trattativa con gli Usa): le sanzioni stanno mettendo in difficoltà il desiderio della leadership di Pyongyang di concentrarsi sull’economia (uno dei «due binari» della politica di Kim, l’altro è quello militare) e di recente la Cina – non a caso – ha effettuato raid perfino nelle case (evento piuttosto raro a detto di alcuni defectors nord coreani) al confine tra i paesi per bloccare fughe dalla Corea del Nord, eventualità che ancora Pechino sembra temere: per questo Xi ha tutto l’interesse a sostenere Kim ed evitare fughe di massa di coreani verso la Cina.

 

Il “Ponte dell’amicizia” tra Cina e Corea del Nord (Afp)

 

Le avvisaglie di un ipotetico ritorno al tavolo dei negoziati erano arrivate già da Trump settimana scorsa, quando aveva annunciato di aver ricevuto un’altra «bellissima lettera» da Kim Jong-un. Ottimismo pare arrivare anche dalla Corea del Sud e non solo per la visita di Xi a Pyongyang (per il quale è previsto un impegno totale della popolazione per la sua accoglienza dopo che già negli anni scorsi i giochi di massa avevano omaggiato il numero uno cinese): nei giorni scorsi Kim aveva mandato la sorella a Panmunjom per ricordare la scomparsa avvenuta la scorsa settimana dell’ex First Lady sud coreana Lee Hee-ho, moglie dell’ex presidente Kim Dae-jung (favorevole a una politica di dialogo con il nord). Tutto farebbe dunque pensare a mosse che potrebbero riaprire i dialoghi interrotti, benché quando c’è di mezzo Kim (e Trump) niente possa darsi per scontato. Rimane il dubbio che Xi possa davvero pensare che la questione nord coreana possa agire in qualche modo sullo scontro sui dazi, tanto più in questa fase con l’economia cinese in difficoltà (la stessa Huawei ha comunicato che gli effetti della caccia di Trump saranno più gravi del previsto), la crescita che stenta, molte aziende anche cinesi che cominciano a delocalizzare in massa per non incorrere nei dazi e dopo l’intoppo di Hong Kong che seppure minimo – considerando che la proposta di legge sarebbe uscita dal cilindro di Carrie Lam e non da Pechino – ha urtato sicuramente l’immagine internazionale della Cina e della sua leadership che pareva – ad oggi – infallibile.