Un duo nato quasi per gioco. In sala prove, a sperimentare con loop station e chitarre. Per vedere se i primi pezzi funzionavano, le I’m Not a Blonde hanno pubblicato tre ep. Tre canzoni ogni tre mesi, per sondare il terreno. Il loro sound originale, quel mix di elettronica e punk, le sovrapposizioni di voci à la Tune Yards, coglie nel segno. Il duo comincia a suonare in giro, non solo concerti su palchi sempre più grandi, ma anche sonorizzazioni in musei ed eventi, incursioni nel mondo della moda. La torinese Inri Metatron raccoglie il materiale nel primo album Introducing I’m not a blonde e lo scorso gennaio pubblica il nuovo disco, The Blonde Album.

La creatura delle polistrumentiste Camilla Matley e Chiara Castello, a lungo dietro il microfono dei 2Pigeons assieme a Kole Laca (poi con il Teatro degli orrori), è maturata ancora. Sono evidenti come mai prima le radici anni ’80, quei beats new wave e l’umore dark che caratterizza ad esempio la collaborazione con Daniel Hunt dei Ladytron, al lavoro sul primo singolo A reason. Per la prima volta infatti il duo si è aperto ai contributi di ospiti esterni, come Hunt appunto o come Gianmaria Accusani, fondatore dei Prozac+ e ora nei Sick Tamburo, coinvolto quasi dall’inizio. «Gianmaria ha una grande intuizione» spiega Camilla Matley, «ha un carattere molto punk ma anche molto pop. La sua scrittura ha una grande immediatezza, è questo per noi è stato un bell’insegnamento».La produzione del disco è affidata a Matilde Davoli, artista leccese emigrata a Londra, ingegnere del suono e musicista, attiva anche da solista (con un bell’album dream pop uscito nel 2015). Il mixaggio è stato ultimato nel suo studio in Salento. «Matilde è molto professionale» racconta Camilla, «soprattutto si sente che è producer ma anche una che scrive canzoni. Non perde mai di vista il brano, sa come lavorare sui suoni ma sa come agire sulla scrittura. Dal non aver mai lavorato con nessuno alle tre collaborazioni di questo disco è andata molto bene, siamo davvero contente».

La scelta di affidarsi a una produttrice donna non è casuale per una band che, fin dal nome adottato, ama giocare sul ruolo delle donne nella musica, sempre osteggiato. «Le donne, siano musiciste o facciano qualsiasi altro lavoro, fanno molta più fatica degli uomini. Perché culturalmente alla donna non è di fatto riconosciuta parità di capacità rispetto all’uomo. Ci sono stati tanti cambiamenti per le donne, se pur molto lenti. E secondo me si tratta di un percorso ancora lungo» ragiona Camilla. «Per come siamo fatte noi tuttavia, non ne facciamo una battaglia aggressiva. Cerchiamo di prendere il tutto con ironia, però comunque certi aspetti li vogliamo sottolineare e mostrare. Pian piano grazie al lavoro di tutti, e a quello che alcune musiciste stanno facendo, questa discriminazione spero verrà meno. O magari rimarrà e noi continueremo a farci il culo doppio. Però il gioco, il divertimento, non possono mancare, anche nell’approccio alla vita».