Gli sport bar, che solitamente trasmettono partite, per una sera sono stati monopolizzati dalla politica; in una New York con le strade stranamente tranquille, uno zoccolo duro dei sostenitori di Sanders, parte dei NY for Bernie, ha deciso di fare di un bar dell’est village il proprio quartier generale e di seguire da lì, insieme, il faccia a faccia tra i due candidati.

La maggior parte sono giovani studenti universitari bianchi, quelli che un’ora prima dell’inizio del dibattito iniziano ad affluire nel locale, ignorando un paio di coetanei con la maglietta di Trump che da un angolo guardano con sfida. «Forse non hanno trovato nessun altro con cui riempire un bar – dice Sandra, 24 anni, di Brooklyn – New York City è quasi totalmente democratica, la mia generazione in special modo, se hai meno di 30 anni e sei repubblicano, sei solo, e se sei un sostenitore di Trump sei un paria. Questi due tra un po’ scompariranno». Le chiedo che cosa si aspetti dal dibattito. «Fondamentalmente – risponde – una serie di accuse reciproche, non so quanti contenuti si faranno strada tra gli insulti, anche perché Trump non ha contenuti ma slogan».

In poco tempo il bar si riempie ed in effetti i due giovani sostenitori di Trump o sono andati via, fagocitati dalla folla con spillette di Sanders e qualcuna per Hillary. «Io sono stata una delle volontarie della campagna di Sanders – dice Amy, 26 anni, assistente sociale – adesso penso che voterò per Hillary, contrariamente a quanto pensassi un paio di mesi fa. È stato Trump, più di Sanders o Hillary a farmi cambiare idea: non lo voglio come mio presidente, non lo voglio nella stanza dei bottoni o a gestire l’ordine pubblico nelle città».
Poche ore prima del dibattito Sanders tramite il suo account Twitter aveva dichiarato che questo non è il momento per dare un voto di protesta. Un concetto condiviso da buona parte della sua base.

«Ho pensato di votare verde, ma non lo farò – ammette Steven, 22 anni, studente di scienze politiche – Oggi Jill Stein del Green party progettava di andare a protestare davanti la Hosftra University, dove si tiene il dibattito, per non essere stata inclusa nelle presidenziali. In un altro momento ci sarei andato, oggi no, penso che si debba fare fronte comune contro Trump. In molti la pensano così, qua in est coast, ma so è che gli amici della costa ovest hanno resistenze più forti, probabilmente perché lì Washington viene percepita come aliena, e chi si trova al potere centrale, bene o male è un nemico che si equivale, per cui Trump o Clinton sono lo stesso: il presidente in sé è un nemico. Avrebbero votato Sanders proprio per le sue idee e nonostante il ruolo che avrebbe ricoperto, se eletto. So che ad un non americano suona molto contorto, ma l’America è un Paese troppo grande per essere lineare». Mentre il dibattito si svolge l’audience in est village commenta rumorosamente, specie sui temi sociali, come la questione afro americana.

«Quando Trump parla di neri in realtà si sta rivolgendo ai bianchi – afferma convinto Sam, 27 anni, architetto afroamericano – Quello che sta dicendo è che non è da razzisti sostenere che il problema della violenza nei quartieri afro americani deriva dal fatto che gli afro americani son violenti tra di loro, li rassicura così. Nessun nero si sente rappresentato o capito da Trump. Da Hillary sì, il voto nero è un voto democratico che per la maggior parte l’ha preferita a Sanders per una serie di ragioni pragmatiche che io personalmente non condividevo ma che posso capire».

Tra i presenti ci sono anche sostenitori di Hillary. «Ho fatto campagna per lei dal primo momento – racconta Desiree, ispanica 31 enne, insegnante di matematica – e non per una ragione di genere, la trovo davvero preparata ed aderente alla realtà e lo sta dimostrando in questo dibattito che è uno scontro tra un parvenu della politica e un professionista. Trump non sa nemmeno aprocciarsi agli americani, come può rappresentarli con gli altri Paesi?». Cio`che in molti commentano è l’incapacità di Trump di usare un registro comunicativo allargato, per rivolgersi non solo ai propri sostenitori, appagati da un eloquio di pancia, scorretto e aggressivo con cui the Donald si sente a proprio agio, ma per rivolgersi a tutti gli americani.

«È fumoso, contraddittorio, ha una narrativa narcisista che torna sempre a se stesso, non è abituato ad essere contraddetto – nota Simon 27 enne montatore di Cbs – Non sa nemmeno come attaccarla e, credimi, da sostenitore di Sanders so che c’è una lista infinita di appigli a cui aggrapparsi. Anche io voterò per lei, ma so esattamente per chi sto votando: per la rivale di Trump».