Preferiremmo iniziare le nostre giornate leggendo Shakespeare o Musil. E invece, dall’alba al tramonto siamo costretti ormai da quasi un anno a vivere concentrati su questo maledetto virus e sulla follia umana. È la piaga di questo come di ogni tempo, come ha ricordato Angelo d’Orsi su Micromega: i folli al potere e i ciechi rassegnati e persino rassicurati dal dover obbedire (King Lear Atto IV; Scena I)*.

Abbiamo quotidiane conferme alla regola: il Censis rivela oggi che quasi metà degli italiani sono a favore della pena di morte, soprattutto gli adolescenti, resi forse più spietati dalla crudeltà del tempo in cui vivono, dal clima terroristico decretato dai folli e dall’illusione che costoro possano proteggerli. Difficile, a questo punto, non temere una ulteriore deriva della coscienza collettiva.

Come ogni mattina scorriamo i dati della pandemia e ancora una volta constatiamo che l’Italia scala posizioni su posizioni. Ormai solo Belgio, Perù, Bosnia e Montenegro hanno tassi di letalità e di mortalità peggiori. Nei mesi scorsi i dati provenienti da Stati Uniti, Brasile e Messico e la riduzione dei decessi dopo il grande lockdown di primavera avevano convinto molti che il peggio fosse passato. Inutilmente avevamo esortato alla cautela e a mettere in atto le sole strategie che potrebbero interrompere le catene dei contagi: percorsi alternativi e aree extra-ospedaliere dedicate al triage, alla quarantena e alle prime cure dei casi non gravi, per evitare che il virus tornasse a fare degli ospedali, degli ambulatori medici e delle Rsa il proprio Regno.

E soprattutto squadre di volontari, studenti e pensionati dedicate al tracciamento dei casi e dei contatti: una strategia semplice e necessaria nelle fasi iniziali di crescita esponenziale dei contagi, che gli operatori sanitari non possono attuare, oberati come sono in tempi di pandemia. Una strategia invocata da subito eppure, incredibilmente, mai messa in campo dai paesi occidentali, che a differenza di quelli asiatici non sono stati in grado di sbarrare la strada al virus. Incredibilmente: perché è sufficiente leggere i dati della pandemia, per capire che si tratta dell’unica strategia utile e urgente da mettere in atto.

Ma i folli ragionano diversamente ed è difficile pensare che non ci siano altre motivazioni dietro a questa follia (ha delle ragioni la follia, che la ragione non sempre comprende). E i ciechi, sempre più disperati, non sembrano avere la forza per ribellarsi e imporre quest’unica semplice soluzione da adottare per fermare il dramma nel quale tutti insieme, folli e ciechi, ci aggiriamo come in un labirinto.

Eppure basterebbe dare un’occhiata al modo in cui sono utilizzati i test diagnostici: nei paesi asiatici e in Oceania si testano milioni di persone, pur in presenza di pochi casi accertati e la pandemia è sotto controllo praticamente dal suo esordio. Nei paesi europei e americani si utilizzano 10-100 volte meno tamponi e i contagi e i decessi sono 100-1000 volte più frequenti. Elementare Watson! E allora come mai i folli di tutto si occupano tranne che di questo? E milioni di ciechi brancolano nel buio senza protestare e senza pretendere che si faccia l’unica cosa necessaria?

Purtroppo le uniche risposte che vengono alla mente sono: che non si vuole cambiare l’assetto del sistema sanitario ospedale-centrico e incentrato sulla terapia e non sulla (vera) prevenzione primaria; che si vorrebbe convincere centinaia di milioni di ciechi che l’unica soluzione per fermare una pandemia è l’immunoprofilassi attiva di massa, che al punto attuale rappresenta un gigantesco esperimento, che certo dobbiamo augurarci funzioni, ma che nella migliore delle ipotesi può contribuire (nel giro di uno o due anni) a rallentare la pandemia e speriamo la diffusione del virus (visto che sono le stesse compagnie che producono i vaccini ad ammettere di non poter garantire questo risultato). E che comunque non potrà proteggerci né nei confronti di una probabile evoluzione del virus stesso (un virus a Rna, o meglio una quasispecies virale, in continua trasformazione genetica e quindi antigenica, seppur non altrettanto rapida di quella di alcuni suoi celebri predecessori quali Hiv e orthomyxovirus influenzali), né da altre pandemie che per i maggiori esperti (virus hunters, virologi, epidemiologi) saranno probabili nei prossimi anni.

Ma soprattutto di una cosa i folli non sembrano rendersi conto: nei prossimi anni sarà comunque necessario trasformare i nostri sistemi sanitari nel senso sopra accennato. E prima lo si farà, meglio sarà, se vogliamo evitare decine o centinaia di migliaia di morti evitabili. Certo si tratterà di un’operazione che richiederà grandi investimenti e sarebbe importante destinare a questo nobile scopo una parte significativa dell’enorme cifra che dovrebbe arrivare in Italia dal tanto criticato Mes. Eppure, incredibilmente, sulla base di quello che abbiamo sentito fin qui, si tratta di un’ipotesi improbabile.

* dell’Istituto Eceri di Bruxelles