Ieri pomeriggio due attivisti di Ultima generazione (Ug), la campagna di disobbedienza civile nonviolenta di Extinction rebellion (Xr) nata con l’obiettivo di istituire in Italia un’Assemblea cittadina deliberativa sulla crisi eco-climatica entro il 2022, hanno incontrato a Roma il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. L’appuntamento, in diretta streaming dall’Auditorium del ministero, arriva dopo due mesi di disobbedienza civile nonviolenta, tante giornate passate in questura (per gli attivisti) e undici giorni di sciopero della fame.

LA PRIMA A PRENDERE la parola è stata Beatrice, attivista del Canavese: «Ho 28 anni, arrivo dalla provincia di Torino, e credo di essere spaventata dai cambiamenti climatici da quando ne ho 18. Ho accantonato l’idea di avere figli, perché sono terrorizzata se provo a immaginare che i miei figli siano futuri migranti climatici o si trovino senza cibo. Sono tante le persone intorno a me che vivono queste paure, ma il tipo di informazione dedicata all’emergenza non sa far comprendere l’urgenza».

CINGOLANI HA PRESENTATO in modo assai didascalico e comprensibile a tutti il quadro della situazione: abbiamo un problema e quel problema si chiama concentrazione della CO2 in atmosfera, che è schizzata da quando è stato scoperto il motore a combustione interna; ciò che è accaduto è, fondamentalmente, «legato a una tecnolgia, ed è tempo di correre ai ripari». Secondo il ministro, l’Italia sta facendo la sua parte in una strategia che si muove lungo tre assi: un cambiamento nella produzione primaria di energia, quindi la riduzione della combustione di combustibili fossili; un cambiamento nei mezzi e sistemi di trasporto, passando da una trazione alimentata dalla combustione di carburanti fossili a quella elettrica, prodotta da fonti rinnovabili; infine, efficientare i consumi. Questo accompagnato dall’esigenza di «ripristinare lo stato di salute di acqua, verde e terreni, che sanno intrappolare la CO2».

Cingolani ha però usato alcune categorie che non appartengono al vocabolario di Extinction rebellion: «Serve un compromesso, perché le persone non possono restare in mezzo a una strada e questo è il compito di un governo» ha spiegato dopo aver ricordato che è importante agire con rapidità. «Non basta spegnere tutto: se lo facciamo rischiamo di morire di disordine sociale» ha aggiunto, parlando di damage control, controllo del rischio.

Aldo, il secondo attivista che ha partecipato al confronto, ha chiesto a Cingolani un impegno: inviare una lettera a tutti gli italiani per informarli «dei risultati scientifici degli ultimi rapporti sul cambiamento climatico. Ci piacerebbe scriverla insieme, le chiedo se è aperto a questo». Cingolani afferma di essere disponibile a divulgare i dati dei report Onu dell’Ipcc, ma la domanda che resta sospesa è se il governo italiano comprende il senso di urgenza di Ultima generazione o se è sopraffatto dalla realpolitik. Dopo un’ora di incontro, le agenzie di stampa battono un virgolettato di Cingolani: «Siamo in guerra. Avrò dormito dieci ore in cinque giorni e il resto l’ho passato sul piano d’emergenza energetica: il rischio è che spegniamo tutto».

LA PROPOSTA DI ULTIMA generazione di istituire assemblee cittadine per affrontare il tema dell’aumento delle disuguaglianze di fronte ai cambiamenti climatici, per aumentare la partecipazione democratica, è stata rigettata da Cingolani. Gli attivisti vorrebbero assemblee con potere deliberativo. Il ministro ha ricordato gli strumenti previsti dalla Costituzione: la legge d’iniziativa popolare e il referendum abrogativo. Armi purtroppo spuntate, hanno ricordato gli attivisti, soprattutto la prima: le Camere non sono obbligate a discutere le leggi dal basso sostenute da almeno 50mila firme. «Esco molto preoccupato dal confronto» ha concluso Aldo. Non è tempo di compromessi: pur dialogando, politica e attivismo non parlano ancora la stessa lingua.