Quale miglior metafora se non quella del viaggio – con il suo procedere conoscitivo per via di assonanze, paragoni, contrapposizioni tra differenze e la sua capacità trasformativa della consapevolezza – per restituire e condividere gli echi di quell’esperienza d’illusione in un luogo d’artificio che è pur sempre l’immersione polisensoriale in un giardino?

ECCO CHE ALLORA proprio il tema del viaggio vien proposto come innesco narrativo e originale taglio critico per strutturare la mostra che si apre oggi nelle Sale delle Arti alla Reggia di Venaria, a Torino, intitolata appunto al Viaggio nei giardini d’Europa. Da Le Nôtre a Henry James (fino al 20 ottobre). Con l’intenzione di dar conto di una lunga stagione in cui il giardino fu in Europa all’incrocio tra aspirazioni ideali, simbologie di potere, distinzione del gusto, si è scelto perciò in questo caso di prender le mosse proprio dalle opere e dalle testimonianze di una folta schiera di cosmopoliti e più o meno illustri giardinieri, architetti, pittori, di giovani aristocratici del Gran Tour, ma poi anche di intellettuali, paesaggisti, autodidatti tuttofare che, viaggiatori per giardini, percorsero il continente e specialmente l’Italia dal Cinquecento alle soglie del Novecento.

Come ci ricorda Vincenzo Cazzato, curatore della mostra con Paolo Cornaglia, Maurizio Reggi e il contributo di Paolo Pejrone, per conto del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, con il Politecnico di Torino e l’Associazione Parchi e Giardini d’Italia, calibrando tra testimonianze dirette e opere intese a ricostruire personalità dei protagonisti e contesti culturali, con questo approccio si è voluto privilegiare l’incrocio di sguardi e riflessioni critiche, ammirati tributi e feconde ispirazioni progettuali.

DALLA PASSIONE per grotte, automi e giochi d’acqua di Montaigne alle descrizioni resa con mano felice dagli inediti disegni di giardini dello svedese Fredrik Magnus Piper. Dai giudizi degli aristocratici Conti del Nord, viaggiatori in incognito, alle atmosfere evocate da pittori come Hubert Robert e Fragonard. Dalle incisioni dei giardini visitati da Charles de Brosses alle suggestioni di Stendhal e Goethe. Fino agli esiti dei frequenti viaggi per giardini degli americani Henry James ed Edith Wharton.

Sala per sala, duecento circa tra dipinti, disegni, modellini, incisioni, testi, arazzi, propongono itinerari di viaggio e cartografie ideali per i diversi testimoni individuati, illuminando, secondo questa inedita prospettiva, tematiche, incroci, snodi della storia del giardino, in andirivieni, classicamente, di stilemi e mode. Per una mostra sui giardini che da anni mancava in Italia (se non si vuol rimontare a quella fiorentina del 1931 dalla quale pure proviene il restaurato modellino del Giardino fiorentino del Cinquecento), viatico di questo riandare al seguito dei nostri viaggiatori è l’indubitabile, raffinato lavoro di ricerca e ricognizione, testimoniato anche dai saggi del catalogo di oltre 400 pagine edito dal Consorzio della Venaria Reale.