Una delle funzioni della creatività e dalla musica è quella di sublimare le emozioni e di dargli una forma diversa e, magari, più accettabile. È quello che, in modo inconscio, a leggere le sue dichiarazioni, è successo a Laura Veirs, cantautrice di Portland, Oregon. Il suo undicesimo album, My Echo (Raven Marching Band), pubblicato lo scorso 23 ottobre è infatti la cronaca del periodo della sua vita che ha portato al suo divorzio dal produttore (e padre dei suoi figli) Tucker Martine. «Quando penso alla fine dei tempi, mi vieni in mente tu»: così si apre End Times, una delle dieci canzoni che compongono l’album. «È il mio album di ‘canzoni che sapevano che stavo divorziando prima di quando lo sapessi io». A livello conscio, ho provato con tutta me stessa a tenere unita la mia famiglia, ma il mio subconscio lavorava sulle difficili sfide della vita da sposata», ha dichiarato Veirs. L’album è stato registrato lo scorso anno e prodotto proprio da Tucker Martine, con la partecipazione di musicisti come Bill Frisell, Karl Blau e Jim James.

IL RISULTATO è un album dal tono tendenzialmente malinconico, ma in cui non è la tristezza a risultare dominante. L’impressione è che Veirs, con la sua voce delicata e con i suoi suoni acustici canti più a sé stessa che agli altri, come è evidente anche dal titolo dell’album. Si tratta di un’eco che rimanda alla natura dell’Oregon, con i suoi immensi boschi e la sua natura rigogliosa, e che, come in una premonizione, restituisce immagini a cui ci siamo abituati negli ultimi mesi, come l’idea di rimanere chiusi e non poter uscire (Turquoise Walls, in cui racconta la frustrazione e il dubbio per un possibile tradimento), ma anche l’idea che, in un momento di tristezza si è sempre felici di essere vivi (Memaloose Island). Il risultato finale di questa specie di sessione pubblica di terapia è, contrariamente a quanto potrebbe far pensare il tema, un album rinfrescante, con ottimi momenti come Another Space and Time, dal ritmo quasi latino, e soprattutto la struggente Vapor Trails (che chiude l’album), cantata con Jim James, che, come molte canzoni scritte da Veirs, ha un sapore di boschi e di nebbia e in cui la natura effimera della vita è il tema principale. È un piccolo percorso (l’intero album dura solo 34 minuti) che, una volta terminato, lascia contenti, soddisfatti e, come forse è successo all’autrice, un po’ più in pace con sé stessi.