Eterni ritorni. Avvenuti, mancati, invocati, maledetti. Ed ora anche la bomba Icardi che intenta causa all’Inter, chiedendo il reintegro immediato e danni per 1 milione e mezzo di euro. E’ ritornato il campionato della più grande bolla finanziaria dopo i subprime americani – le plusvalenze sono state quasi tre miliardi in cinque anni, secondo un’inchiesta della Gazzetta dello Sport – e sabato sera torna anche la sfida delle sfide: Juventus-Napoli. Arriva forse troppo presto e non solo non sarà decisiva o perlomeno indicativa dello stato delle cose, ma nemmeno ci permetterà di vedere come sono state costruite le due squadre. E la Juventus dovrà fronteggiare il grave infortunio – lesione del crociato – di Chiellini che rischia di fermarsi per 5 mesi. La prossima settimana ritorna infatti anche la Nazionale e la preparazione estiva della Serie A è stata calibrata sul mercato lungo, sull’iper valutazione dei giocatori, e sull’inizio della stagione a metà settembre. Sarà una partita strana, senza il grande ritorno in panchina di Sarri, ancora sotto osservazione per una polmonite. La sua Juve è comunque ben lontana da venire: non solo negli uomini – in campo nella vittoria a Parma gli stessi dello scorso anno – ma anche e soprattutto nel gioco. Nessun allarme, le catene laterali del tecnico toscano richiedono sempre un lungo periodo di apprendistato. Solo tanta curiosità.

SE L’ANCELOTTI bis con i nuovi acquisti Manolas e Lozano può legittimamente dichiararsi in corsa per il titolo, forse per raggiungere quelli che da otto anni tornano a casa con lo scudetto servirebbe qualcosa in più. E’ tornato di sicuro Conte. L’Inter  – al di là della grana Icardi – si conferma l’alternativa più seria al Napoli per la seconda piazza avendo dato contro il Lecce – neopromossa entusiasta, al quinto posto per numero di abbonamenti – una dimostrazione di furore agonistico e tremendismo sacchiano difficile da vedere a queste latitudini. Ed è tornata anche la Champions, con incroci che ricordano tanto lo scorso anno ma gironi che sembrano tutti abbordabili. Quattro italiane agli ottavi sono possibili e sarebbero finalmente una manovra economica non regressiva. Torna anche il derby della capitale domenica sera e vedrà di fronte una Lazio che con gli stessi uomini dell’anno scorso ha asfaltato una Sampdoria in fase di costruzione e una Roma che dopo l’ennesima rivoluzione si è inceppata contro un Genoa in mano forse all’allenatore più sottovalutato del circo pallonaro. Stride la sua valutazione con quella di Giampaolo che, dopo 40 giorni di predicazioni religiose sull’ineluttabilità di un modulo, perde la prima partita e decide di abiurare per far tornare il Milan al suo passato prossimo. Che è però quello tragico del fine impero berlusconiano, per intenderci. Atalanta-Torino forse la partita tatticamente più interessante, ci racconta invece come in Italia il calcio moderno fatto di pressing e aggressione si possa declinare con il vecchio catenaccio: marcature fisse a uomo e terzini che volano sulle fasce per crossare in mezzo.

E SIAMO tornati all’estate del Mundial del 1982. Tornano anche in campo o in panchina, o più probabilmente in tribuna, i calciatori maledetti: che non sono più i George Best o i Robin Friday che sacrificavano il loro talento sull’altare della dissoluzione ma quei giocatori più o meno famosi che i loro datori di lavoro vorrebbero vedere il più lontano possibile, ma non riescono a vendere: dai casi più famosi (Dybala, Suso, Schick) a quelli meno noti che ingolfano le rose spropositate delle squadre di Serie A. Un ingorgo al casello di fine estate frutto non tanto del famoso detto del “saper vendere” che si imputa ai direttori sportivi ma delle iper valutazioni dovute alle plusvalenze di cui sopra, che non corrispondono a un sistema in grado di assorbirle – vedi la Premier League. Torna ancora in panchina, dopo l’incredibile sorpresa dell’esordio a Verona, un indomito Mihajlovic alla fine del primo ciclo di cure massacranti. Una volta un filosofo disse che tutto quello che sapeva sulla moralità degli uomini lo doveva al calcio, gioco meraviglioso dentro cui troviamo di tutto, splendori e miserie umane. E come una palla che rotola è destinato a tornare, sempre uguale e diverso a se stesso. Buon campionato.