I primi dettagli li ha forniti la Casa bianca dopo il colloquio a distanza durato due ore fra il presidente americano, Joe Biden, e quello russo, Vladimir Putin. Gli Stati uniti hanno espresso anche a nome degli alleati europei «forte preoccupazione» per la crisi militare attorno all’Ucraina, e hanno ribadito di essere pronti a un nuovo pacchetto di misure economiche nel caso in cui la Russia decida di violare la sovranità dei vicini, misure che comprendono l’esclusione dal sistema Swift sulle transazioni bancarie internazionali e lo stop, ha scritto il network di informazione Bloomberg, al gasdotto Nord Stream 2.

BIDEN E PUTIN ancora non hanno un accordo sulla situazione in Ucraina, il cui progetto di adesione all’Alleanza atlantica è considerato una “linea rossa” dal Cremlino. È evidente, però, che quel dossier, per quanto pesante, faccia parte di un confronto più ampio nel quale entrano i trattati sugli armamenti convenzionali e non convenzionali, l’enorme tema della sicurezza informatica, e questioni regionali come quella iraniana.
La prova sta nelle assenze dal vertice del presidente ucraino, Volodymir Zelensky, che ha ottenuto soltanto uno scambio, lunedì, con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e dei leader europei di Italia, Francia e Germania, gli ultimi due coinvolti direttamente nei negoziati sul Donbass, ai quali Biden ha parlato dopo la videoconferenza con Putin.

Per quel che riguarda l’Ucraina, la Russia chiede «garanzie su lungo termine» affinché il paese rispetti gli accordi stipulati a Minsk sulle relazioni con le Repubbliche ribelli di Donetsk e di Lugansk, considerati «l’incontrastabile base per una soluzione pacifica» del conflitto, e interrompa, poi, il processo di avvicinamento alla Nato, scongiurando, così, la possibilità di dispiegare «armi offensive» vicino ai confini russi. Per Putin la vera minaccia per la stabilità non costituita dalla Russia, bensì dai «pericolosi tentativi della Nato di conquistare territorio ucraino».

COME HANNO RICORDATO sul quotidiano russo Kommersant i giornalisti Elena Chernenko e Vladimir Soloviev, il successo elettorale nel 2019 di Zelensky contro Petro Poroshenko aveva fornito al Cremlino l’impressione che la crisi nel Donbass si potesse risolvere usando la diplomazia. A settembre di quell’anno i due paesi hanno compiuto un importante scambio di prigionieri che ha coinvolto il regista ucraino Oleg Sentsov e il reporter russo Kirill Vyshynsky; a novembre la Russia ha restituito all’Ucraina tre navi sequestrate con i loro equipaggi nello Stretto di Kerch; e all’inizio del 2020 Putin ha sostituito il capo dei negoziatori, il falco Vladislav Surkov, considerato a torto o ragione il principale ideologo del presidente russo, con l’ex vicepremier Dimitry Kozak, anch’egli un fedelissimo, dalle vedute, però, più moderate.

KOZAK e il suo interlocutore ucraino, Andrey Yermak, avevano raggiunto un’intesa su un organismo intermedio che avrebbe permesso ai rappresentanti di Donetsk e di Lugansk di discutere le loro istanze direttamente con il governo di Kiev. I lavori si sono fermati nel momento stesso in cui sono diventati di pubblico dominio: in Ucraina l’opposizione ha accusato Zelensky di tradimento, e il progetto è saltato.
Dall’altra parte la Nato e gli Stati Uniti hanno denunciato più volte i movimenti delle truppe russe a poche centinaia di chilometri dal confine.

A QUESTO PROPOSITO, però, i rapporti si fanno sempre più confusi. Dopo settimane di allarmi sul rischio immediato di una invasione, il direttore della Cia, William Burns, ha detto nelle ultime ore che Putin ancora non ha assunto una decisione sul ricorso alle forze armate; che ha preparato l’esercito e i Servizi militari a un’azione rapida; e che potrebbe sfruttare l’inverno per una eventuale offensiva.
Insomma, poche certezze su quel che avviene ai piani alti di Mosca. L’Amministrazione Biden pare per di più pesantemente condizionata dagli eventi della scorsa estate in Afghanistan. Tanto che il dipartimento della Difesa ha aggiornato i piani per l’evacuazione dei cittadini americani dall’Ucraina, piani che il sottosegretario Victoria Nuland avrebbe discusso lunedì notte al Congresso.
Si tratta di una misura estrema. Gli Stati uniti non l’hanno assunta durante la rivolta che ha portato nel 2014 alla fuga dell’ex presidente Viktor Yanukovich e neanche nella fase più cruenta dei combattimenti nell’est del paese costati la vita a migliaia di civili.

SINO A QUESTO MOMENTO l’ambasciata americana a Kiev non ha formulato alcuno specifico avviso sulle condizioni della sicurezza in Ucraina. L’ipotesi di uno scontro militare su larga scala sembra meno credibile ogni giorno che passa.
Ma il paragone con l’Afghanistan e il fatto che a Washington già si pensi a un ponte aereo per trasportare migliaia di civili oltre il confine, magari a Varsavia o Berlino, distanti soltanto un paio di ore di volo, dovrebbe sollevare perplessità, anziché rassicurare, proprio la cerchia di Zelensky.