Sono emersi rapidamente i motivi del fallimento del cessate il fuoco proclamato sabato scorso nel Nagorno-Karabakh a Mosca. L’Azerbaigian ha fatto intendere che non vuole iniziare alcuna trattativa per risolvere la contesa sull’enclave etnico armena, senza che vi partecipi direttamente la Turchia. Una posizione che manderebbe in soffitta definitivamente il format del «gruppo di Minsk» a cui partecipano, oltre dei paesi coinvolti nel conflitto, la Francia, gli Usa e la Russia. Un diktat a cui è seguito l’inevitabile stop di Erevan mentre il segretario di Stato Mike Pompeo esortava Erdogan «a evitare di interferire nel conflitto».

La presa di posizione dell’Eliseo, seppur non ufficiale, è stata particolarmente dura. «Il presidente francese ha già espresso preoccupazione per il ruolo della Turchia nel conflitto in Nagorno-Karabakh. È motivo di preoccupazione che Erdogan stia moltiplicando le sue avventure, non tenendo conto della necessità di garantire una sicurezza comune» si legge in un comunicato fatto circolare dalla diplomazia francese ieri in giornata. Macron teme che Erdogan voglia tastare il polso alla comunità europea come fece Hitler ai tempi del Anchluss e della Cecoslovacchia, per capire fino a che punto possa spingersi nella propria impunità.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, da parte sua ha voluto precisare che la Russia non considera la Turchia un «alleato strategico» ma solo «uno stretto interlocutore» in Siria mentre non apprezza il suo interventismo in Transcacucasia.

«Non ci sono segreti qui; non possiamo condividere l’affermazione che esiste ed è ammissibile una soluzione militare al conflitto», ha dichiarato il plenipotenziario russo. Tuttavia il coriaceo Lavrov sta provando lo stesso a rimescolare le carte. L’idea che ha lanciato ieri sarebbe quella di creare una forza di interposizione di caschi blu formata principalmente da soldati russi. Idea che traballa però dal punto di vista politico in quanto legata all’ipotesi totalmente osteggiata da azeri e turchi, di creare per il Nagorno uno «status particolare» garantendo «comunicazioni affidabili» tra l’Armenia e che prevede la restituzione agli azeri solo le fasce di territorio ora occupate dagli armeni negli anni ’90.

Si continua a combattere dunque su tutto il fronte. Le forze armate azere avrebbero colpito ieri un sistema missilistico tattico-operativo armeno con missili balistici nelle regioni di confine dell’Armenia vicino alla regione occupata di Kalbajar dell’Azerbaigian. Baku accusa i nemici di aver lanciato «missili tattici operativi sulle zone di Ganja, Mingachevir e altre città dell’Azerbaigian al fine di infliggere vittime tra la popolazione civile e distruggere le infrastrutture civili». Il governo azero però elenca anche i successi militari delle ultime 48 ore: «L’esercito azero ha liberato i villaggi di Garadaghly, Khatunbulag, Garakolla, di Bulutan, «Melikjanli, Kemertyuk, Teke, Tagasere e le regioni di Fizuli e di Khojavend dall’occupazione armena».