È un buon periodo per gli avvocati di Washington. L’ultimo ad aver sentito l’esigenza di assumerne uno è stato Sessions, ministro della Giustizia; al momento, quindi, ad aver bisogno di un avvocato personale in questa amministrazione oltre a lui sono il genero del presidente Jared Kushner, il vice presidente, il presidente e anche l’avvocato personale del presidente.

Il cerchio attorno a Trump sembra stringersi sempre di più in un momento in cui l’amministrazione deve gestire diverse crisi internazionali, rapporti tesi con l’Europa e la Nato, e la gestione di un argomento delicato quanto i rapporti tra la Cia e i mezzi di tortura.

Il New York Times ha reso pubbliche le dichiarazioni rese durante un processo da due psicologi sui metodi degli interrogatori della Cia, in una causa intentata dall’Unione americana delle libertà civili (Aclu) per conto di molti ex prigionieri.

Il quotidiano ha ottenuto anche le deposizioni video di due ex funzionari Cia e due ex detenuti, in cui vengono rivelati nuovi dettagli su un programma che prevede l’ampio utilizzo di tecniche considerate come «torture». John Bruce Jessen, un ex psicologo militare, quindici anni dopo aver aiutato a mettere a punto queste tecniche usate su sospetti terroristi, ha espresso dubbi sul programma e si è detto riluttante a utilizzare queste tecniche, pur giudicandole efficaci per ottenere informazioni dai detenuti meno collaborativi.

L’American Psychological Association si era già espressa contro la tortura e un rapporto del Comitato di intelligence del Senato, nel, 2014, aveva condannato queste tecniche di interrogatorio. Trump, invece, già durante le primarie si era detto più che favorevole all’uso della tortura, inclusa quella per soffocamento con l’acqua, il waterbording, definita da suo figlio Eric «una normale pratica goliardica in uso come gioco in tutte le università»; ora Trump dovrà gestire questa situazione destreggiandosi tra la sua base entusiasticamente dalla parte delle torture, gli stessi psicologi che le hanno implementate e ora vogliono distaccarsene, la Cia.

Probabilmente Trump si schiererà con la sua base, ancora solidale con il presidente che ha votato mesi fa, come ha dimostrato la dolorosa sconfitta di Jon Ossoff in Georgia, il candidato perfetto della sinistra: non di establishment, sostenuto dal partito e dalla base: ancora una volta c’è andato vicino, però non ha vinto.

Questo perché chi ha votato Trump lo rifarebbe, sia l’ultra destra che i repubblicani più moderati, scontenti ma non tanto da cambiare bandiera. Il voto georgiano inciderà sulla nuova legge sulla sanità ed è evidente che se il Trumpcare non piace, l’Obamacare è ancora più odiato. I fan di Trump dovranno prima sperimentare il disastro annunciato che questa riforma scatenerà, per iniziare a porsi dei dubbi.