Dalle prime ore dell’alba di domenica è guerra tra Armenia e Azerbaigian. Non le schermaglie di luglio sul confine, ma scontro aperto tra i due paesi ex sovietici sul crinale del Caucaso per il controllo del Nagorno Karabakh.

Le prime notizie che arrivano dal fronte parlano di feroci battaglie con l’uso di artiglieria, carri armati e aerei che già nelle prime ore hanno provocato la morte non solo tra i militari coinvolti ma anche tra la popolazione civile, a riprova che l’umanità purtroppo non ha ancora acceso il lume della possibilità risolvere le controversie politiche senza l’uso della forza.

La minaccia di una guerra su vasta scala nel Transcaucaso sta diventando in queste ore sempre più reale. L’Armenia ha introdotto la legge marziale e ha annunciato una mobilitazione generale per tutti i maschi oltre i 18.

Lo stesso ha fatto l’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh e per alcuni regioni anche l’Azerbaigian. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha fatto appello alla formazione di battaglioni di volontari mentre alla Tv azera da stamane trasmette solo canzoni nazionaliste e passa immagini di autocarri di volontari che al grido di “Allah è grande!” si dirigono verso le zone delle operazioni.

Le due parti, come da copione, si sono accusate a vicenda di aver violato il cessate il fuoco. Secondo Baku, il conflitto è stato provocato dalle forze armate armene, che hanno bombardato le posizioni dell’esercito azero e gli insediamenti nella zona del fronte.

Erevan attribuisce la completa responsabilità del conflitto a Baku, affermando di avere le prove che l’attacco era stato preparato da tempo.

Già nelle prime ore del confronto, la parte azera ha annunciato la distruzione di 12 unità di sistemi missilistici antiaerei Osa delle unità di difesa aerea armena. Allo stesso tempo, Baku ha anche riconosciuto le sue prime perdite. “Un elicottero da combattimento dell’aeronautica militare azera è stato abbattuto in direzione Terter, i membri dell’equipaggio sono vivi”, ha detto in un comunicato il ministero della Difesa azero.

In una situazione in cui i combattimenti lungo l’intera linea del fronte erano già in pieno svolgimento, in tarda mattinata il presidente azero Ilham Aliyev ha registrato un video-discorso alla nazione. “Stiamo combattendo sulla nostra terra, oggi l’esercito azero sulle terre azerbaigiane sta sferrando colpi devastanti contro il nemico. Cosa ci fanno i soldati armeni in terra azera? La nostra causa è giusta e vinceremo”, ha dichiarato Ilham Aliyev.

Accuse respinte dal quartier generale di Erevan: “Questa mattina, lungo l’intera lunghezza della linea di contatto, la parte azerbaigiana ha iniziato i bombardamenti attivi, scegliendo insediamenti pacifici, tra cui Stepanakert, come obiettivi. Condanniamo fermamente l’aggressione della leadership politico-militare dell’Azerbaigian contro l’Artsakh”, si legge nel comunicato fatto pervenire alla stampa.

È interessante notare che l’attuale scontro nella zona di conflitto in Karabakh era stato previsto con sorprendente accuratezza dall’ambasciata americana a Baku. Venerdì 25 settembre, sul suo sito web è apparsa una raccomandazione ai cittadini statunitensi dell’Azerbaigian “di non lasciare la penisola di Absheron”, dove si trovano solo due grandi città: Baku e Sumgait.

Un avvertimento molto simile era stato pubblicato lo stesso giorno dall’ambasciata americana a Erevan. In esso agli americani veniva chiesto di non visitare il Nagorno-Karabakh, così come le regioni confinanti con l’Azerbaigian “compresa la regione a est delle autostrade M4 e M16, a nord del Parco Nazionale di Dilijan e la regione di Tavush fino al confine con la Georgia”. Segno che, come al solito, i servizi americani potrebbero avere un ruolo non marginale nella crisi che si è aperta oggi.

Frenetiche le consultazioni tra i ministeri degli esteri di Mosca e Ankara che sono i tutori politici e militari dei due paesi in conflitto. Nelle prossime ore, Putin potrebbe schierare la marina russa nel mar Nero mentre lo stato di allerta generale esiste già in Turchia.

Per ora le dichiarazioni di entrambe le parti sono limitate ma è chiaro che se i rapporti tra Putin ed Erdogan non potranno essere più come quelli di prima, si intende evitare uno scontro diretto tra le due potenze della regione che avrebbe effetti devastanti. Per questo sia la Nato che la Ue hanno chiesto un immediato cessate il fuoco che però al momento appare improbabile.