Non è certo una novità per i fan del duca bianco – per anni hanno infatti girato bootlegdel suo lavoro misterioso, ma ora Toy è anche un disco ufficiale pubblicato dai tipi della Parlophone che hanno gestito finora il catalogo di Bowie, ceduto nelle scorse settimane dagli eredi alla Warner Chappel per una cifra intorno ai 250 milioni di dollari. Toy – prima dell’uscita singola – in realtà è stato inserito lo scorso novembre nel box Brilliant adventure, che comprendeva una parte della produzione dei primi anni duemila dell’artista. Lavori interessanti a tratti anche sperimentali, seppur non baciati dal grande successo: Black Tie White Noise, ricco di sonorità black e ritmiche jungle, The Buddha of Suburbia, Outside, Earthling e Hours.
Toy arriva in un periodo particolarmente felice per Bowie. Soprattutto per quanto riguarda le performance dal vivo; epica nell’estate del 2000, una sua esibizione al al festival di Glastonbury. Un successo dovuto anche all’apporto fondamentale di una band di livello, una delle sue migliori formazioni di sempre, formata da Sterling Campbell, Gail Ann Dorsey, Ear Slick, Mike Garson, Holly Palmer e Emm Gryner.

BOWIE È DA TEMPO che coltiva l’idea di reincidere alcuni suoi vecchi brani realizzati tra il 1964 e il 1971, ma ha bisogno di musicisti sintonizzati sulla sua stessa lunghezza d’onda e che sappiano cogliere, in tempi brevi, ogni sfumatura. Il sestetto è perfetto è nel giro di pochi giorni, realizza il progetto a tempo di record con l’intenzione di pubblicarlo a stretto giro. Ma la Emi/Virgin ha problemi di carattere gestionale, il disco non ha singoli di richiamo e la pubblicazione viene dapprima rimandata e poi congelata. Ora l’album vede la luce con qualche ritocco rispetto alla versione originaria, cambia la scaletta e vengono esclusi dalla scaletta due brani mentre viene ripristinata la curiosa copertina originariamente proposta dal rocker inglese, dove il suo volto ‘adulto’ viene sovrapposto a quello di lui bambino con un effetto particolarmente straniante.

CHE COS’È in sostanza Toy? Un viaggio nella memoria di un suo passato non baciato dal successo ma che David voleva in qualche modo valorizzare. Si comincia da una rarità, una versione di You’ve Got A Habit Of Leaving, brano risalente al 1965, addirittura al periodo in cui era semplicemente Davy Jones & The Lower 3rd. Pezzi di un giovane Bowie – con qualche inevitabile ingenuità – che il maturo Bowie rinvigorisce grazie a un restyling sonoro e le impeccabili esecuzioni della band. Si prosegue con I Dig Everything, scritto nel 1966, passando a Silly Boy Blue (1967) che probabilmente ispirerà più avanti Underground, il tema scritto per il film Labyrinth di cui sarà tra i protagonisti (1986). Ascoltato a distanza di tempo, il disco non appare affatto un episodio minore della sua lunga discografia. Discografia che – come tante rockstar passate a miglior vita – trova un suo pubblico di riferimento importante tra gli appassionati di vinile. Bowie è infatti l’artista che fino ad ora ha venduto più vinili nel ventunesimo secolo. A rivelarlo è Alan Jones lo studioso di classifiche della rivista britannica Music Week che analizza i dati della Official Charts Company.
Fino a fine 2021 i dischi del duca bianco sono stati acquistati per oltre 582.04 pezzi staccando di quasi 50.000 unità i Beatles che lo seguono con 535.596 album. Bowie e Beatles sono gli unici ad avere superato il mezzo milioni di vinili venduti e sono in prima e seconda posizione anche negli anni Venti. Bowie con 134.237 copie e i Beatles con 113.613.