A conferma della folta presenza di artiste, basta scorrere anche solo i nomi dei protagonisti dei padiglioni nazionali. La Francia, per esempio, si affida al viaggio interiore e onirico di Laure Prouvost (Deep see blue surrounding you), l’Inghilterra a Cathy Wilkes, l’Irlanda a Eva Rothschild, mentre per l’Argentina troviamo Mariana Telleria (Il nome di un paese), per l’Australia Angelica Mesiti, in Bosnia Erzegovina arriva Danica Dakic, nella Germania figura Natascha Süder Happelmann, per l’Austria c’è Renate Bertlmann, la Georgia dà mano libera a Anna K.E. (Simulation is simulation), il Pakistan a Naiza Khan. La cineasta e poeta Nujoom Alghanem arriva per gli Emirati Arabi Uniti. E il Sudafrica chiama la provocatoria Tracey Rose mentre il Portogallo punta i riflettori su Leonor Antunes.
Ecco un giro, in soggettiva, fra padiglioni che promettono «buone visioni».

Turchia. Lei è Inci Eviner (1956) e presenta We, Elsewhere, un’installazione site specific con oggetti, disegni, video, suoni. Vari elementi sonori e personaggi riconfigurati evocheranno i dispersi, «ciò che si trova altrove». «Le mie figure – spiega – mutano nello spazio cercando le loro altre metà».

Olanda. The Measurement of Presence è il titolo della mostra con Remy Jungerman e Iris Kensmil (curata da Benno Tempel): Jungerman ha concepito una nuova installazione ispirata alle figure di antenati della tradizione culturale olandese, mentre Kensmil, con le sue pitture murali, ritrae scrittrici, attiviste e artiste nere che si sono distinte in difesa dei loro ideali.

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Canada. Ci sono gli Isuma, collettivo guidato da Zacharias Kunuk e Norman Cohn, artisti inuit impegnati nel racconto e nella trasmissione della cultura della loro comunità attraverso il linguaggio filmico. Con Atanarjuat vinsero la Caméra d’Or a Cannes nel 2001).

Brasile. I due artisti Bárbara Wagner e Benjamin de Burca, impegnati a raccontare le pratiche rituali su cui si fonda anche il Brasile contemporaneo, porteranno in Laguna il loro film Swinguerra, una specie di documentario incentrato su una danza nata a Recife. Molti dei ballerini in video sono trans-gender.

Grecia. Panos Charalambous, Eva Stefani, and Zafos Xagoraris inventano Mr Stigl, narratore ironico che riscrive la Storia in modo giocoso ad uso e consumo dei visitatori.

India. Nei 150 anni dalla nascita di Gandhi, il padiglione offre con i suoi artisti una riflessione sul suo pensiero e la storia del subcontinente.

Armenia. Una delle istallazioni più spettacolari sarà la trasformazione della scalinata del Palazzo Scala Contarini del Bovolo in un faro multicolore, a opera di Narine Arakelian (The Pharos Flower). Sua la performance nel Padiglione Revolutionary Sensorium, ispirata alle proteste della Rivoluzione di Velluto.

Russia. Il «figliol prodigo» è al centro, con il regista Alexander Sokurov e l’artista teatrale Alexander Shishkin-Hokusai. La mostra curata da Mikhail Piotrovsky, direttore dell’ Hermitage, ha come punto di partenza le collezioni del museo.

Lituania. Il suo padiglione trasforma gli interni della Marina Militare in una spiaggia a illuminazione artificiale per una vacanza al mare. È Sun & Sea ideata dalle artiste Rugile Barzdziukaite, Vaiva Grainyte e Lina Lapelyte.

Giappone. Un’azione congiunta di artista, antropologo, musicista e architetto. Per Cosmo Eggs Motoyuki Shitamichi sceglie gli «tsunamiishi», le rocce portate a riva dal fondo dell’oceano che ospitano colonie di uccelli e nuove forme vegetali.
Ghana. Ghana Freedom è il titolo del padiglione new entry, dalla canzone composta da E.T. Mensah alla vigilia dell’indipendenza nel 1957. Ospiti, El Anatsui, Ibrahim Mahama, Felicia Abban, Lynette Yiadom-Boakye; il cineasta John Akomfrah e Selasi Awusi Sosu.(a. di ge.)