«Alle 12.41 di oggi, 17 giugno 2019, ho mandato una mail al CEO della Roma, Guido Fienga, in cui ho scritto parole per me inimmaginabili. Ho dato le mie dimissioni dalla AS Roma».

All’inizio di una conferenza stampa fiume, durata come una partita, 90 minuti, Totti conferma l’addio alla società che l’ha visto entrare bambino, che «conosce come le tasche dei jeans», dov’è stato più che a casa sua.

NEL SALONE D’ONORE del Coni, a radio unificate, in diretta su Raidue e su Sky, più di 1000 richieste di accredito, 230 giornalisti in sala, testate e tv da tutto il mondo.

Ad ascoltarlo c’è la Roma che conta: direttori di giornali, qualche amico ed ex compagno di squadra (Candela e Aquilani), un circo mediatico stratosferico, che lo applaude, perfino.

Tutto questo patrimonio di attenzione e «romanismo», da oggi, non fa più parte della Roma. «Non ho mai avuto la possibilità di esprimermi, non mi hanno mai convolto nel progetto tecnico, mi tenevano fuori da tutto, ero considerato ingombrante sia come giocatore che come dirigente», spiega il Capitano.

LUCIDO, SINCERO, TAGLIENTE e disponibile con la platea in un giorno che, ammette, «per me è peggio che morire», Francesco Totti ha dimostrato che il responsabile tecnico di una squadra di calcio, se qualcuno volesse, saprebbe pure farlo.

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Ma finché ci saranno Franco Baldini (il consulente degli americani) e questa proprietà bostoniana lui a Trigoria non metterà più piede: «Volevano fuori dalla Roma i romanisti, e questo hanno ottenuto. Ma un romanista a Trigoria serve sempre, fidateve», dice rivolto ai tifosi. In futuro chissà: «I presidenti passano, le bandiere restano», avverte scandendo il suo «arrivederci Roma».

La fotogallery di Totti (foto LaPresse)

Nel frattempo tutto è possibile, perfino di vederlo lavorare per altri colori: «Da oggi sono libero, deciderò con calma ma sono già arrivate tante proposte».

Il quadro che emerge dal racconto di Totti è desolante: un quadro dirigenziale affollato e conflittuale fino all’autolesionismo, una proprietà lontana, una distruzione scientifica di identità diverse e incontrollabili, quelle «romane e romaniste», scelte tecniche sbagliate in un contesto finanziariamente difficile, con zero titoli in bachecha (con lui in campo, proprio 18 anni fa l’ultimo scudetto e le ultime coppe).

MENTRE SI SROTOLANO le domande degli addetti ai lavori (nessuna esclusa da Conte a Pastore, a Monchi e Di Francesco, Ranieri e De Rossi, etc.) c’è l’impressione di vedere un calcio in cui le persone contano ancora qualcosa, in cui ciò che resta del sentimento e della passione non è bruciato in borsa o in plusvalenze. In cui uno sguardo a un calciatore pesa più di un algoritmo o un’analisi statistica.

Un calcio se non dal volto umano almeno fatto da persone, con i propri pregi e difetti. E non figurine da pay tv.

Solo il tempo dirà se Totti, ultima bandiera, sarà l’epitaffio del calcio che fu o il piccolo grande seme che insieme ad altri aiuterà a nascere, su basi certo nuove e diverse, quello che verrà.

La replica della AS Roma

A seguito dell’annuncio in data odierna da parte di Francesco Totti di dimettersi dal Club e di non accettare il ruolo di Direttore Tecnico, l’AS Roma ha rilasciato la seguente nota ufficiale:

Il Club è estremamente amareggiato nell’apprendere che Francesco Totti ha annunciato di lasciare la Società e di non assumere la posizione di Direttore Tecnico dell’AS Roma. Gli avevamo proposto questo ruolo dopo la partenza di Monchi ed eravamo ancora in attesa di una risposta.

Riteniamo che il ruolo offerto a Francesco sia uno dei più alti nei nostri quadri dirigenziali: una posizione che ovviamente richiede dedizione e impegno totali, come ci si aspetta da tutti i dirigenti all’interno del Club.

Eravamo pronti a essere pazienti con Francesco e ad aiutarlo a mettere in pratica questa trasformazione da grande calciatore a grande dirigente. Il ruolo di Direttore Tecnico è la carica in cui credevamo potesse crescere e in cui ci siamo proposti di supportarlo durante la fase di adattamento.

Nonostante comprendiamo quanto sia stato difficile per lui decidere di lasciare l’AS Roma dopo trent’anni, non possiamo che rilevare come la sua percezione dei fatti e delle scelte adottate dal Club sia fantasiosa e lontana dalla realtà.

Riguardo ai ripetuti riferimenti al suo possibile ritorno con l’insediamento di una nuova proprietà, in aggiunta alle informazioni raccolte da lui stesso in tutto il mondo circa soggetti interessati al Club, ci auguriamo che questa non sia un’anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario che potrebbe essere molto delicato in considerazione del fatto che l’AS Roma è una società quotata in borsa.

La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita adesso o in futuro.

Auguriamo a Francesco buona fortuna per quello che deciderà di fare.

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