Il 15 aprile del 1967 moriva il Principe Antonio De Curtis in arte Totò. Neanche il più fantasioso degli sceneggiatori, il più lungimirante degli studiosi, il più audace degli esegeti (in Italia su tutti Oro Caldiron e Goffredo Fofi), il più estremista dei fan poteva mai immaginare che il cinema e l’arte di Totò avrebbero sfidato come pochi l’inesorabile legge del tempo, avrebbero resistito a mode e stravolgimenti epocali, avrebbero avuto ancora la forza di catturare l’attenzione persino degli alienati dei social, degli ossessionati dagli smart, dei più insospettabili trucidi palestrati/crestati/ tatuati. E invece è proprio così. Oggi a 50 anni dalla sua scomparsa Totò appare come una scheggia impazzita che vaga senza limiti di spazio e di tempo forte ancora di un’energia comica travolgente, di un’inossidabile pulsione irriverente. E ricordarlo e celebrarlo è quasi scontato ma al tempo stesso anche inutile e pleonastico proprio perché lui c’è sempre, conviviamo con lui in maniera naturale, lo sentiamo e lo vediamo quotidianamente, pur stando nel Pantheon dei grandi al fianco di miti come Chaplin e Keaton non avvertiamo quella “distanza” fisiologica, lo consideriamo quasi “il comico della porta accanto”. Comunque mezzo secolo senza/con Totò non può passare nella normalità ed è giusto rendergli omaggio. Alberto La Monica e Cristina Soldano, navigati e abili direttori del Festival di Lecce, naturalmente non potevano lasciarsi sfuggire l’occasione della prima manifestazione importante a ridosso della ricorrenza e la diciottesima edizione si apre lunedì 3 proprio con una serata nel segno di Totò. Del quale sarà presentato in anteprima mondiale Chi si ferma è perduto di Sergio Corbucci restaurato per l’occasione dalla Fondazione Cineteca di Bologna con il contributo del Festival e introdotto da Gianluca Farinelli direttore della Cineteca. Durante la serata, condotta da Valerio Caprara, saranno presenti Elena Alessandra Anticoli De Curtis, terzogenita di Liliana De Curtis, unica figlia di Totò, e Carlo Croccolo che con Totò ha recitato in circa 10 film, uno degli ultimi grandi vecchi di quella stagione d’oro (il 9 aprile compie 90 anni). Per l’occasione la casa editrice Il Raggio Verde presenta una nuova edizione del volume Totò. Tocchi e ritocchi. Ma questo è solo l’inizio perché ovviamente a partire da aprile si annunciano in varie città e regioni italiane iniziative per ricordare il Principe spalmate nei mesi successivi. È altrettanto ovvio che la parte del leone dovrebbe farla Napoli, la sua città, anche se nel presentare l’omaggio istituzionale a Totò qualche mese fa la Regione ha presentato il suo programma e dopo qualche giorno lo ha fatto il Comune. Senza alcun coordinamento. Al momento non c’è ancora un calendario preciso delle manifestazioni. Tranne la mostra annunciata dal Comune «Totò Genio» a cura di Vincenzo Mollica e Alessandro Nicosia, dislocata dal 12 aprile al 9 luglio in tre sedi, Maschio Angioino, Palazzo Reale e San Domenico Maggiore. La separazione che negli ultimi anni è diventata prassi visto il sangue che corre tra le amministrazioni comunale e regionale, in questo caso – anche se è più stridente del solito perché il Totò universale dovrebbe unire e non dividere – tutto sommato passa in secondo piano rispetto all’ennesimo spot istituzionale che si tinge di grottesco perché ha a che fare con l’annosa questione del Museo dedicato all’attore. La vicenda del museo di Palazzo Spagnuolo nella Sanità annunciato da vent’anni e mai iniziato, pronto e mai aperto tra ritardi e slittamenti per problemi legati all’ascensore e ai condomini, è notoria. É diventato uno di quei tormentoni napoletani di progetti e strutture annunciate che rientrano in quella che si potrebbe definire “la strategia del non-fare”. E il sindaco De Magistris, che è un’abile “contropiedista”, prima che l’importante ricorrenza rinfocolasse vecchie polemiche, è partito all’attacco non solo assicurando che entro diciotto mesi il museo aprirà i battenti ma annunciando anche che oltre al primo, ci sarà un nuovo museo, più grande e più bello per accogliere la collezione di oggetti, cimeli e documenti che riguardano il principe della risata. Non solo ma l’edificio ancora da individuare ospiterà anche una scuola di formazione di mimo e teatro. Insomma la confusione, il pressapochismo e il velleitarismo regnano sovrani. Meglio allora abbandonarsi giocosamente a fantasiose e suggestive ipotesi. Non è che il Principe dall’aldilà ha boicottato qualunque progetto? Consapevole come sono tutti i totofili, i totomani, i totoisti, che il suo immenso repertorio mimico/gestuale/verbale fa a cazzotti con qualunque tentativo di imbalsamazione, museificazione, ricognizione archeologica. E il disincantato turista italiano o straniero che arrivato a Napoli chiede: “Scusi ma è vero che ci sono due musei dedicati a Totò” non potrà non imbattersi nel napoletano che gli risponderà proprio alla maniera di Totò: “Ma mi faccia il piacere”.