Multata, declassata, sensibilmente ridimensionata nel business e, di conseguenza, nel personale. Il quadro per il 2016 di Toshiba, presentato lo scorso 21 dicembre a Tokyo, lascia poco spazio all’ottimismo.

Per riguadagnare la fiducia degli azionisti e arrivare ad avere un forte apparato aziendale sono necessarie misure radicali.

È questo il succo del «Piano operativo di rivitalizzazione» del gruppo presentato lunedì dal presidente e amministratore delegato Masashi Muromachi per rimettere in piedi il marchio Toshiba. «Sento profondamente la mia responsabilità di dirigente» – ha spiegato la massima carica esecutiva dell’azienda. «È mia responsabilità assicurare l’inizio della ripresa dal prossimo anno».

A luglio di quest’anno, Toshiba aveva ammesso di aver truccato i bilanci aziendali per sei anni, tra il 2008 e la fine del 2014, per un totale di oltre un miliardo di euro con l’intento di nascondere i passivi di gestione di alcuni rami aziendali – come l’informatica e il nucleare – in profonda sofferenza in seguito alla crisi finanziaria globale e all’incidente nucleare del 2011 alla centrale di Fukushima Daiichi, di cui Toshiba aveva fornito alcuni reattori.

Ad appena quattro anni dalle rivelazioni sui falsi in bilancio di Olympus, azienda giapponese leader mondiale delle apparecchiature mediche e delle lenti fotografiche, nuove ombre si sono addensate sui metodi di «governance aziendale» nelle grandi corporation nipponiche.

L’attuale dirigenza di Toshiba deve infatti fare i conti con un bilancio operativo in passivo e debiti miliardari: per la fine dell’anno fiscale in corso, sono previste perdite record per un totale di 2,5 miliardi e un debito complessivo al netto degli interessi di oltre 10 miliardi di euro. Muromachi ha quindi parlato di una profonda ristrutturazione dell’offerta di prodotti e servizi, della struttura operativa e della base finanziaria del gruppo – attraverso ad esempio la vendita di alcune proprietà immobiliari – e assicurato l’istituzione di maggiori controlli interni in quella che è stata descritta come una profonda «riforma della cultura aziendale».

Maggiormente interessato dal piano di «razionalizzazione» proposto dalla dirigenza sarà il settore Lifestyle, che comprende il ramo dei personal computer, dei televisori e degli elettrodomestici come lavatrici e condizionatori: saranno 6.800 i licenziamenti in Giappone e nel mondo. Questi si vanno ad aggiungere ad altri 2.800 nel settore dei semiconduttori e mille nella struttura centrale del gruppo, una riduzione del personale da oltre 10mila dipendenti.

Per migliaia di lavoratori giapponesi, l’azienda provvederà al trasferimento in altre divisioni o al pensionamento anticipato.

Tra questi circa, per loro fortuna, mille manterranno il proprio posto di lavoro dopo che Sony, altro colosso del settore elettronica, ha acquistato uno stabilimento della divisione semiconduttori di Toshiba.

Rimane invece incertezza sul destino dei 4.800 dipendenti interessati dalla chiusura del business e di alcuni stabilimenti fuori dal Paese-arcipelago. Toshiba ha già un accordo con la taiwanese Compal Electronics che distribuirà il marchio di Tokyo in Europa e Nord America e accordi con partner di joint venture regionali in Medio Oriente, Africa e America del Sud. Sarà infine la cinese Skyworth a rilevare lo stabilimento Toshiba di Giakarta, Indonesia – per cui lavorano circa 1.200 persone – e i diritti per l’utilizzo del brand in Asia, Cina esclusa.

Dal 2016 Toshiba punterà su alcuni settori chiave come la produzione di energia – soprattutto nucleare – e sui servizi business-to-business (B2B). I mercati finanziari hanno però risposto negativamente al piano di riorganizzazione del gruppo di Tokyo. Le azioni del gruppo fondato nel 1938 a Tokyo hanno fatto registrare un crollo del 12 per cento, portando l’agenzia di rating Moody’s a declassare l’affidabilità dei titoli Toshiba a livello «spazzatura».

Un’ultima tegola su Toshiba, che deve far fronte a una multa da oltre 7 miliardi di yen dell’Agenzia per i servizi finanziari del governo giapponese – circa 52 milioni di euro, cifra record per i casi di falso in bilancio – e a una causa potenzialmente milionaria per danni materiali avviata da 50 ex azionisti del gruppo.