Criminalizzazione della solidarietà, violazioni dei diritti di rifugiati e migranti, anche nel contesto della cooperazione con la Libia, debolezze della legislazione sulla tortura, operato delle forze di polizia e discriminazione nei confronti dei rom: sono le questioni più critiche sottoposte da Amnesty International al Consiglio Onu dei diritti umani che da lunedì 4 novembre inizierà l’Esame periodico universale dell’Italia.

«La situazione dei diritti umani è peggiorata rispetto all’ultimo Esame del 2014 – scrive Amnesty nel documento fornito al Consiglio, l’organismo composto da 47 Stati eletti dall’Assemblea generale – e, soprattutto nell’ultimo anno, l’approccio delle autorità italiane nei confronti dei meccanismi di monitoraggio internazionali si è fatto teso». Ma, sottolinea ancora l’Ong internazionale, «nel 2014 l’Italia aveva ricevuto 186 raccomandazioni. Ne ha accettate 176, riguardanti soprattutto la ratifica dei trattati; la creazione di un’autorità nazionale per i diritti umani; la lotta contro la discriminazione e il razzismo; il contrasto alla violenza contro le donne; la difesa dei diritti di rom, migranti e richiedenti asilo». Raccomandazioni accettate ma mai attuate completamente.

Secondo l’organizzazione presieduta dal sudafricano Kumi Naidoo, l’Italia ha ancora molta strada da fare per essere annoverata tra i Paesi che rispettano appieno i diritti umani. Per esempio, modificare la definizione di tortura contenuta nella legge 110/2017 per renderla conforme alla Convenzione Onu; salvaguardare il lavoro delle Ong che salvano le persone in mare; curare una comunicazione pubblica responsabile sul tema dei migranti; cessare le forniture di armi ai Paesi che possono utilizzarle violando i diritti umani; subordinare la cooperazione con la Libia al rispetto dei migranti; porre fine a tutte le forme di segregazione razziale dei Rom; garantire la tutela dei diritti dei migranti irregolari favorendo i processi di regolarizzazione; modificare la legge salviniana 132 del 2018; abolire immediatamente il memorandum d’intesa con il Sudan; modificare le procedure di espulsione.

E infine, garantire indagini imparziali ed efficaci da parte di autorità indipendenti sulle morti di detenuti e le accuse di tortura da parte delle forze di polizia. A questo proposito Amnesty raccomanda l’introduzione di codici identificativi per gli agenti, come avviene nel resto d’Europa. E lo fa proprio mentre la legge ad hoc arriva finalmente in commissione Affari Costituzionali, sollevando però ancora una volta la reazione di alcuni sindacati di polizia di destra. Purtroppo però, gli altri, la maggioranza, tacciono.