Minacce di «guerriglia» e di crisi all’interno della maggioranza che stanno mettendo in pericolo l’approvazione del decreto sulla Pubblica Amministrazione. È stato ancora una volta il capogruppo dei deputati Pdl Renato Brunetta ad accendere la miccia alla Camera, riunita per l’approvazione del decreto D’Alia. L’ex Ministro della Funzione pubblica ha contestato il decreto, su cui il governo ha autorizzato l’uso della fiducia. Poi è passato ad attaccare Rosy Bindi, neoeletta presidente della Commissione Antimafia e da sempre oggetto delle più aspre critiche da parte del Pdl, che su questo punto, e a 48 ore dal rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi e Valter Lavitola per la compravendita dei parlamentari, ha ritrovato la sua compattezza.

«La Bindi fa miracoli» ha ammesso Brunetta. Proprio sul ruolo di punta contro la criminalità organizzata attribuito solo l’altroieri alla vicepresidente della Camera, il capogruppo pidiellino, a quanto riferiscono fonti parlamentari, avrebbe promesso battaglie e ostruzionismo, spiegando che «Bindi in Antimafia è uno strappo intollerabile, e gli strappi hanno dei costi. Chi ha fatto lo strappo rifletta e su questo il Pdl è unito come un sol uomo». Con queste parole si è conclusa la riunione di maggioranza alla Camera. Intanto, oltre per il decreto D’ Alia, il governo ha autorizzato l’uso della fiducia anche per i dl scuola e cultura.

Alla Camera arrancava da giorni la discussione sul provvedimento che riguarda il futuro di oltre 10 mila dipendenti pubblici e che deve essere convertito entro il 30 ottobre. Nonostante i tempi stretti, fino a ieri mattina lo stesso ministro della Pubblica amministrazione Giampiero D’Alia aveva frenato sull’utilizzo della fiducia. A fare cambiare idea al governo ci ha pensato Brunetta che, durante la discussione tra i capigruppo di Montecitorio, avrebbe dichiarato che «il decreto può anche decadere».

L’ex ministro della Funzione pubblica pidiellino ha contestato apertamente l’approvazione degli emendamenti che riguardano la stabilizzazione dei precari , puntando di nuovo sull’«interesse del Paese ad avere una pubblica amministrazione efficiente». Ma è stato Dario Franceschini, ministro dei Rapporti con il Parlamento, con l’affermazione «il quadro è cambiato» a segnalare a tutti che non si stava più discutendo di come stabilizzare migliaia di dipendenti pubblici ma che ci si trovava di fronte all’ennesimo problema politico, di minaccia di una crisi.

In tarda serata, sul decreto che conterrà le modalità di stabilizzazione dei dipendenti pubblici, è stato definitivamente scongiurato l’ostruzionismo del Movimento 5 Stelle che chiedeva la riduzione delle auto blu a favore dell’acquisto di risorse e mezzi per i Vigili del fuoco. Le ultime notizie trapelate da fonti parlamentari riferiscono di un’intesa tra governo e opposizione su una decina di emendamenti firmati M5S, Lega e Sel, che ha fatto procedere la discussione, con la speranza di chiudere l’approvazione del Decreto entro la nottata.
«Si sta parlando delle assunzioni di dodicimila dipendenti pubblici – afferma Fabrizio Fratini, segretario Nazionale Fp Cgil – che forniscono servizi essenziali alla comunità. dalla Sanità all’istruzione. Dalla scuola alla cultura. Per molti precari i contratti scadono a novembre e il problema è troppo serio per cavarsela con un gioco di prestigio».

Uno degli emendamenti approvati ieri stabilisce che fino al 2016 entreranno in servizio per metà i vincitori di concorsi, mentre l’altro 50% dei posti viene riservato a lavoratori con contratti di almeno 3 anni. Ma quanto approvato finora alla Camera non soddisfa nemmeno la Funzione pubblica Cgil: «Non possiamo considerarla una vittoria – riprende il segretario della categoria degli statali – Il precariato va combattuto sul serio: non vediamo le coperture finanziarie, ma solo strumentalizzazioni politiche».